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I rabbini d'Italia cercano pubblicità

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    proRatzinger
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    00 14/01/2009 19:45
    Di nuovo il Santo Padre Benedetto XVI sotto accusa da parte dei rabbini
    Dialogo con gli Ebrei. C'è chi dissente con il papa
    Scritto da Simone Baroncia
    Mercoledì 14 Gennaio 2009 15:55
    Sabato 17 gennaio è la giornata del dialogo ebraico-cristiano, ma quest’anno i rabbini italiani non parteciperanno all’incontro, perché, come afferma il rabbino capo di Venezia Elia Enrico Richetti sul mensile dei gesuiti ‘Popoli’, con papa Benedetto XVI il dialogo è ritornato indietro di 50 anni. Il casus belli è stata la reintroduzione del Messale tridentino, spurgato dai termini più offensivi. Da qui la presa di posizione dei rabbini italiani.

    “Fin dal primo momento, l'Assemblea dei rabbini d'Italia ha preso una pausa di riflessione, sospendendo temporaneamente gli incontri interreligiosi. I mesi successivi sono stati caratterizzati da un susseguirsi di contatti, incontri e mediazioni con diversi esponenti, anche ad alto livello, del mondo ecclesiastico, alcuni dei quali si sono dimostrati sinceramente preoccupati per il futuro di un dialogo che stava procedendo in maniera fruttuosa e che registrava un allargarsi del senso di rispetto e di pari dignità delle fedi”. Le risposte chiarificatrici non hanno soddisfatto i rabbini: “Se io ritengo, sia pure in chiave escatologica, che il mio vicino debba diventare come me per essere degno di salvezza, non rispetto la sua identità. Non si tratta, quindi, di ipersensibilità: si tratta del più banale senso del rispetto dovuto all'altro come creatura di Dio. Se a ciò aggiungiamo le più recenti prese di posizione del Papa in merito al dialogo, definito inutile perché in ogni caso va testimoniata la superiorità della fede cristiana, è evidente che stiamo andando verso la cancellazione degli ultimi cinquant'anni di storia della Chiesa. In quest'ottica, l'interruzione della collaborazione tra ebraismo italiano e Chiesa è la logica conseguenza del pensiero ecclesiastico espresso dalla sua somma autorità”. E conclude sui futuri rapporti: “È vero, non sta agli ebrei insegnare ai cristiani come devono pregare o che cosa devono pensare, e nessuno fra gli ebrei o i rabbini italiani pretende di farlo. Ma è chiaro che dialogare vuol dire rispettare ognuno il diritto dell'altro ad essere se stesso, cogliere la possibilità di imparare qualcosa dalla sensibilità dell'altro, qualcosa che mi può arricchire. Quando l'idea di dialogo come rispetto (non come sincretismo e non come prevaricazione) sarà ripristinata, i rabbini italiani saranno sempre pronti a svolgere il ruolo che hanno svolto negli ultimi cinquant'anni”. La risposta a continuare nel dialogo arriva da Gerusalemme dal gesuita Collin, responsabile della comunità cattolica di espressione ebraica di Beersheva, che afferma: “Capiamo il dolore ma credo si tratti di una reazione emozionale. Il dialogo deve continuare, è importante anche riferire delle ferite che in questo processo si possono provocare all’altro. Non partecipare non sembra la risposta giusta… Il Papa non ha compiuto passi indietro”.
    OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO BENEDICTO
    EXTRA ECCLESIAM NULLUS OMNINO SALVATUR
    IN HOC SIGNUM VINCES
    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
    "Bisogna dare battaglia, perchè Dio conceda vittoria" (S. Giovanna d'Arco)
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    proRatzinger
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    00 14/01/2009 19:53
    Ormai è diventata una tradizione consolidata per i rabbini d'Italia: ha fatto scuola il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. La mania tutta rabbinica di cercare pubblicità e spazio nei mass-media, quotidiani, web,... attaccando l'Augusto Pontefice Benedetto XVI, è sempre più in voga. Tanto che da Roma questa moda ha preso anche Venezia: il rabbino capo di Venezia, tale Elia Enrico Richetti, ha affermato che il dialogo ebraico-cristiano è ritornato a mezzo secolo fa grazie al Pontefice. Niente di più falso, e tutto ciò solo per il ripristino della preghiera per gli ebrei che, anche spurgata, è sempre presa di mira. Si mettessero l'anima in pace questi rabbini egocentrici e irrispettosi verso il Papa, uomo di dialogo e di pace, che come Cohen, invitato al Sinodo dei Vescovi lo scorso ottobre, ha pugnalato alle spalle Benedetto XVI con affermazioni false e tendenziose sul Pastor Angelicus, Pio XII: nessuno di altre fedi o confessioni può e deve insegnare ai cattolici come pregare! Punto. E basta con questi vili attacchi! Aria fritta, miei cari signori! Si vorrebbe che il Papa indossasse la kippa e scorrazzasse per Roma bruciando il Nuovo Testamento e srotolando la Torah! Utopia sciocca e impossibile! [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40795] [SM=x40795] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]
    [Modificato da proRatzinger 14/01/2009 20:12]
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    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 19/01/2009 15:39
    Non si riesce a vedere l'intervento di Blatta orientalis!!! Dice che c'è, ma non riesco a vederlo! [SM=g27825]
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    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    Sihaya.b16247
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    00 24/01/2009 16:42
    Re:
    proRatzinger, 19/01/2009 15.39:

    Non si riesce a vedere l'intervento di Blatta orientalis!!! Dice che c'è, ma non riesco a vederlo! [SM=g27825]



    Guarda, qualche intervento può essere che è andato perso dopo la ristrutturazione del forum!

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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 25/01/2009 16:10
    [G]Il rabbino Rosen: «Con Williamson contaminata l'intera Chiesa»
    ROMA (24 gennaio) - La precisazione del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, sulla non condivisione da parte della Santa Sede delle idee negazioniste di Willliamson, non è bastata. Se il portavoce del ministero degli esteri israeliano Yigal Palmor, si è trincerato dietro un no comment, affermando che la riammissione dei lefebvriani «non è una questione che riguarda i rapporti tra i due Stati», il rabbino David Rosen, personalità coinvolta nel dialogo tra ebrei e cattolici, ha voluto definire la revoca della scomunica a Williamson come «un passo che contamina l'intera Chiesa», se quest'ultima non esige dal vescovo la ritrattazione di ciò che ha detto sulla Shoah.

    L'intera Chiesa contaminata. Secondo Rosen, nella decisione pontificia «c'è stata una superficialità» che mostra «gravi lacune nel funzionamento interno del Vaticano». E «accettare una persona chiaramente antisemita è farsi gioco di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II e di tutti i Papi». Per il rabbino non basta che il Vaticano si proclami fedele alla dichiarazione conciliare Nostra Aetate (che 40 anni fa segnò una svolta nei rapporti col mondo ebraico): «Non conta ciò che il Vaticano dice, conta ciò che fa». E fino a quando non esige «una ritrattazione» delle dichiarazioni revisioniste di Williamson «è l'intera Chiesa che resta contaminata».

    Imbarazzo. Per mascherare l'imbarazzo la Radio Vaticana ha scelto di diffondere un ampio servizio sulla «forte attenzione» sempre riservata da Benedetto XVI all'ebraismo e alla memoria della Shoah. Anche qui è stato ripetuto che le dichiarazioni negazioniste di Williamson rappresentano solo «posizioni personali, totalmente non condivisibili, e che tanto meno riguardano il magistero pontificio e le posizioni della Chiesa cattolica».

    L'ennesimo incidente. Il riallacciamento del dialogo era già stato complicato dalle polemiche sulla "preghiera per gli Ebrei" del Venerdì Santo e sulla causa di beatificazione di Pio XII, con la conseguente decisione dei rappresentanti ebraici italiani di non partecipare all'annuale Giornata del Dialogo promossa dalla Cei.

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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 25/01/2009 16:21
    E di nuovo ci risiamo: ORA BASTAAAAAAAAAA!!!! Basta accusare Sua Santità Benedetto XVI per il suo magistero. Il vittimismo di taluni ebrei che cercano sempre di screditare, vituperare, sputare in faccia al dialogo, vomitare ai piedi del Sommo Pontefice ubbie e sciocchezze di ogni sorta, è giunto al limite. Ebbene, un bene pregare per il bene degli ebrei nella preghiera del Venerdì Santo per togliere l'accecamento dal popolo della PRIMITIVA ALLEANZA; e un bene accogliere in seno della Chiesa i lefebvriani. Due grandi perle del pontificato ratzingeriano. E ora basta, miei cari, veramente basta blaterare alle spalle del Romano Pontefice!!!! Voi non lo volete il dialogo, voi siete i primi a farvi beffe del dialogo e non si vede perchè i cattolici devono sempre fare il primo passo. Di Segni, Rosen come Cohen prima di loro, sono rabbini che disprezzano il dialogo e costruiscono castelli di carte per giustificare la loro deprecabile condotta nei confronti del cattolicesimo. Si vergognino!!!! E vadano a rispolverare il Talmud che contiene ignominie nei confronti dei cristiani, chiamati Goim. Si vadano a leggere:
    MAIENE HAIESCHUAH - Fontane del Salvatore. Uno squisito commentario su Daniele del rabbino Isaac Abarbanel. Vi si trovano numerose dispute contro i cristiani. Stampato nel 1551.
    NIZZACHON - Vittoria. Attacchi contro i crisitani e i quattro Vangeli. Autore: rabbino Lipman. Stampato nel 1559.
    SEPHER IKKARIM - Libro sui fondamentali o articoli di fede. Contiene un durissimo attacco contro la fede cristiana.
    TOLDOTH IESCHU - le Generazioni di Gesù. Un opuscolo pieno di bestemmie e maledizioni. Contiene la storia di Cristo. Pieno di espressioni false e tendenziose.
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    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    00 25/01/2009 16:35
    Il Talmud smascherato
    Vorrei ora proporre alcuni stralci del "Talmud smascherato" di padre Pranaitis su quello che dice il Talmud nei confronti dei cristiani. Cristo è chiamato nel Talmud: quell'uomo, una certa persona, il falegname figlio di un falegname, quello che fu appeso. Padre Pranaitis scrive che nel Talmud, Gesù Cristo è presentato come: illeggittimo e concepito durante il periodo mestruale; che aveva l'anima di Esaù; pazzo e folle; stregone e mago, idolatro, seduttore, crocifisso, seppellito all'Inferno, idolo. Gli insegnamenti di Cristo sono: falsità, eresia, impossibili da osservare. I cristiani nel Talmud sono chiamati: idolatri, adoratori di stelle e pianeti, servi di idoli, eretici, edomiti, stranieri, idioti, gente di mare, carne e sangue, epicurei, samaritani. Il Talmud insegna sui cristiani che sono: idolatri, peggio dei Turchi, assassini, fornicatori, immondi, paragonati ad escrementi, non simili agli uomini, ma alle bestie, diversi dagli animali solo per la forma, animali, peggio degli animali, si propagano come bestie, figli del diavolo, maligni e immondi, vanno all'Inferno. I preti sono chiamati Galachim, rasati; le Chiese sono Beth Tiflah, casa di vanità e stoltezza, Beth Abhodah Zarah, casa dell'idolatria, Beth Hatturaph Schel Letsim, casa del ridere maligno. I precetti che prescrive sono: i cristiani devono essere evitati; l'ebreo non deve salutare il cristiano o ricambiare il suo saluto; non deve presentarsi di fronte a un giudice cristiano; non si possono usare i cristiani come testimoni; non bisogna averli come medici, insegnanti, barbieri, ostetriche, devono essere sterminati. Eccetera, eccetera. Inviterei a leggere questo libricino che si può trovare su www.apologetica.altervista.org/talmud_smascherato.htm.
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    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
    "Bisogna dare battaglia, perchè Dio conceda vittoria" (S. Giovanna d'Arco)
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    proRatzinger
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    00 27/01/2009 16:38
    Pio XII beato, ogni rinvio danneggia la Chiesa

    Quando è troppo, è troppo. Caro Presidente Gattegna, è assurdo intristirsi per la riconciliazione tra i cristiani, per il rientro dei lefevriani nella cattolicità, piuttosto si offenda con noi della offensiva e indegna dichiarazione polemica del Museo Yad Vashem.Home
    prec succ
    Spieghi Lei la strana coincidenza tra sinistrissimi opinionisti, pseudoagnostici professorini del San Raffaele e un certo mondo ultraortodosso ebraico. A settembre scorso una banalissima e scontatissima considerazione di Mons. Fisichella sugli errori storici, riferiti alla inerzia di Pio XII, nel Museo Yad Vashem, aprì le danze di polemiche assurde. La prima colpa è di coloro che in Vaticano tengono aperta la "pratica di beatificazione" di Pio XII. Taluni ambienti ebraici non l'accetteranno mai. Se Pio XII è beatificabile bene, diversamente si chiuda la pratica.
    Prima della visita di Mons. Fisichella c'erano state le demenziali richieste di taluni settori dell'ebraismo di modificare totalmente le preghiere della Quaresima dei cattolici. Ora il Museo dell'Olocausto, dopo le polemiche sulla scivolata di S.E. Martino sulla Guerra di autodifesa israeliana a Gaza, torna all'attacco. Il Papa riaccoglie paternamente la congregazione di Lefevre nella Chiesa Cattolica. Tra i quattro Vescovi ripresi, c'è un Tizio che pare, dico pare, abbia forse parlato in termini revisionistici dell'Olocausto. Ciò non ha nulla a che vedere col provvedimento della Congregazione dei Vescovi e il reintegro nella Chiesa Cattolica. Eppure, come già da qualche giorno rimbalzava sui quotidiani di lingua inglese, la notizia delle eventuali opinioni (verso le quali nessun inquilino del Vaticano e nemmeno il sottoscritto è comprensivo), scatena una ridda di polemiche inconsistenti tra una parte del mondo ebraico e la Santa Sede. Il fuoco viene di proposito riacceso, nuovo petrolio viene versato. Cui prodest? Non si vuole che Bendetto XVI vada in Terra Santa? Bene, il Cardinale Ratzinger se ne farà una ragione, andrà in altri santi luoghi o magari visiterà misticamente i luoghi santi della vita di Gesù. Chiedere alla Chiesa Cattolica che messaggio dà sull'"Olocausto" è un insulto che la dice lunga sulla buona fede di un certo mondo ebraico anticattolico. Il "reintegro è una questione interna della Chiesa", le vergognose opinioni storiche del Vescovo Williamson sono inacettabili ma non fanno parte dell'esame sull'appartenenza alla dottrina della Chiesa.
    Noi non le conosciamo, se sono revisioniste le consideriamo folli e tuttavia, è certo che le dichiarazioni che vengono dal Museo Ebraico per eccellenza, la bugiarda domanda tradisce una certissima ed eclatante ignoranza storica e volontà polemica. Altroché revisionismo, da Israele arriva la richiesta di chiarimenti sull'opinione della Chiesa sull'Olocausto? Contate i nostri milioni di morti nelle camere a gas e nei campi di concentramento, noi e la nostra Chiesa abbiamo la medesima opinione di Padre Massimiliano Kolbe. Senza polemica, schiettezza fraterna.
    OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO BENEDICTO
    EXTRA ECCLESIAM NULLUS OMNINO SALVATUR
    IN HOC SIGNUM VINCES
    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 01/02/2009 15:30
    E' intollerabile e grave il clima che aleggia sul Vaticano. Altrettanto grave come le affermazioni di Williamson. E come la campagna denigratoria dei mass-media nei confronti del Sommo Pontefice. Il Papa non è libero di svolgere la sua missione di Vicario di Cristo in Terra, di legare e sciogliere in terra ciò che sarà poi legato e sciolto in Cielo. E tra questi compiti di legare e sciogliere propri del Sommo Pontefice c'è il ritiro di una scomunica: da 20 anni, cioè dal 1988, su Marcel Lefebvre e i suoi seguaci, i lefebrvriani, chiamati così dal cognome del prelato, grava la scomunica comminata da Sua Santità il Servo di Dio Giovanni Paolo II, dopo la sospensione "a divinis" comminata da Sua Santità il Servo di Dio Paolo VI. Marcel Lefebvre e seguaci furono scomunicati dalla sede apostolica non per le loro idee in merito al Concilio Vaticano II ma perchè Lefebvre stesso consacrò senza autorizzazione pontificia, quindi della Congregazione per i Vescovi, quattro nuovi vescovi. La sospensione "a divinis" fu comminata da Paolo VI nel 1976 perchè l'allora arcivescovo di Losanna, Friburgo e Ginevra, Sua Eccellenza Rev.ma Pierre Mamie, si oppose alla nuova fraternità fondata da Lefebvre e che celebrava in quello che verrà chiamato Vetus Ordo e che oggi si chiama forma extra-ordinaria della SS. Messa. Questa, in breve, la storia del caso Lefebvre, questi i motivi della scomunica e della sospensione "a divinis". Sua Santità Benedetto XVI, sabato 24 Gennaio 2009, ha reso nota la remissione della scomunica per QUESTI ATTI SUDDETTI. Punto. Le idee personali non c'entrano affatto, la scomunica è stata rimessa perchè è stata perdonata la consacrazione episcopale illecita. Ora, che si vuole alzare una bufera contro il Papa, che si vuole manipolare la verità a piacimento e far capire agli ignoranti e agli stolti, soprattutto ai giovani che non sanno e non hanno vissuto questo caso 20 anni fa, che il Papa ha rimesso la scomunica perchè è un tradizionalista e perchè non gli importa nulla del dialogo con gli ebrei, perchè è un antisemita, come i nostri "fratelli maggiori", che cedono sempre al melenso vittimismo politico e culturale, ci vogliono far credere, è chiaro a tutti. Che i mass-media ingigantiscano come bolle di sapone notizie microscopiche, che lingue bugiarde, insidiose, odiose, deprecabili, sciocche, ottuse, passatiste, retrograde e più tradizionaliste di quanto attribuiscano allo stesso Papa, in quanto credono che tedesco vuol dire nazista, sfruttino a loro piacimento l'imbecillità della gente e la loro inesistente cultura religiosa e storica per manipolarle a loro piacimento, anche ciò è chiaro a tutti. Qualsiasi persona accorta sarebbe capace di vedere che c'è lo zampino dell'odio e dei soldi, vuoi per vendere i giornali, vuoi perchè il Papa va sempre contraddetto e denigrato. Che poi il vescovo Williamson e quel prete dell'Alt'Italia si siano dimostrati tanto ottusi e imbecilli quali i suddetti individui citati, è un'altra storia. L'aver rimesso la scomunica ai lefebvriani e non a quel tizio o a quell'altro in particolare, è un atto che non ha niente a che vedere con le idee personali, come ci ha ricordato padre Lombardi. O meglio, gli unici ad essere stati colpiti dalla scomunica del 1988 furono i quattro neovescovi e a quelli è stata tolta, ma per indicare che tolta ai pastori lefebvriani, i lefebvriani tutti erano riammessi nella Chiesa Cattolica. I frutti marci ci sono e ce ne sono sempre stati, come Williamson, ma non si può e non si deve fare di tutta l'erba un fascio: sarebbe da stupidi! Come se uno dei parlamentari negasse l'Olocausto, non è che tutto il Parlamento è marcio e va condannato. Purtroppo oggi non si distingue tra ciò che è l'individuo e ciò che è la collettività: ubbie e stoltezze d'ogni sorta formano un'impalcatura mendace che grava come macigno sulla nostra testa. Veniamo poi alla reazione degli ebrei, spropositata e unilaterale: rifriggendo il proprio vittimismo, che sinceramente ha scocciato, e invocando la pace e il dialogo, si vedevano in televisione con il Talmud in mano a piangere perchè il Papa li aveva trattati in quel modo "osceno" e che aveva rimesso in auge la preghiera per gli ebrei, pro perfidis Iudaeis. Ebbene, forse loro non sanno che la parola perfidis vuol dire "colui che non rispetta i patti" e tra l'altro è stata comunque tolta apposta; ed è tremendamente grave come loro non sappiano che il Talmud ci considera peggio delle bestie! Non solo. Ma loro non sanno neanche che solo noi cattolici ci adoperiamo per il dialogo interreligioso, anche perchè loro ci considerano ancora pagani e hanno una religione non certo universale, ma settaria ed ereditaria. Io li inviterei a tacere, pur dissentendo con quello che ha detto Williamson: perchè le accuse non sono state rivolte tanto a Williamson, che a buon ragione deve essere preso a calci nel sedere, ma al Papa: ciò dimostra la loro grettezza! Ogni momento è buono per attaccare il Papa. Questo lo abbiamo capito, grazie agli eloquenti interventi dei rabbini Di Segni, Cohen a suo tempo, Rosen e Co. Dopo la reazione dei mass-media, degli ebrei, veniamo alla stessa Chiesa Cattolica: molti uomini di Curia non parlano, ma è ben chiaro che remano contro il Pontefice regnante. Soprattutto quelli vicini all'estrema sinistra della Chiesa, la cosiddetta ala progressista. Ebbene, sono loro il vero cancro incurabile della Chiesa Cattolica! Non per essere progressisti, ma per ciò che in questo aggettivo è significato e determinato: estrema e ostinata disobbedienza al Romano Pontefice. Sempre per quanto riguarda la campagna mediatica contro il Papa, ricordiamo lo "Spiegel" e altri giornali tedeschi che non si stancano di dire che il Papa vive assorto tra le nuvole, in un mondo tutto suo dove dogmi e tradizione regnano: se questi "giornalisti", pagliacci relativisti e laicisti, non lo avessero capito, la Chiesa si fonda su dogmi e Vangelo e non va à la page come la copertina dei loro giornali. Detto questo, dico: il Papa ha fatto ciò che ha fatto per il bene della Chiesa ed approvo in toto! Deve continuare incurante delle critiche perchè qui si vede come la popolazione italiana ed europea non è libera, non sa cosa lontanamente sia la libertà di pensiero, in quanto si fa soggiogare da questi quattro clown falsi giornalisti: non lo sa a tal punto che il Papa non è potuto andare alla Sapienza l'anno scorso. E ciò che non viene accordato neanche al Papa è proprio la libertà stessa, negata dalla loro manipolazione e i loro indottrinamenti culturali. Ma il Papa fa orecchie da mercante e fa bene! Williamson e chi la pensa come lui va allontanato dalla Chiesa sicuramente, ma in un secondo momento, quando la Fraternità Sacerdotale di S. Pio X avrà trovato legittima collocazione nella galassia cattolica. Che il Papa sia incapace di intendere e di volere, circondato da una corte di yesmen inutili e disastrosi, non è vero, non è credibile. Il Papa intende, ordina, guida, protegge e parla da solo e in piena ratio. Ai soliti corvi e cornacchie, pagliacci e saltimbanchi, piovre e pupazzi di lobby sinistrorse e destrorse, ai mass-media burattini, ai burattinai, dico: Vergogna! E silenzio totale!
    [Modificato da proRatzinger 01/02/2009 15:33]
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    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 03/02/2009 15:16
    Dietro al vescovo negazionista un complotto contro il Papa
    Roma - È un dossier ufficioso, di poche pagine, dedicato alla genesi del caso Williamson, molto letto in questi giorni nei sacri palazzi. Un dossier che ha raggiunto le scrivanie che contano oltretevere e che mette insieme date e circostanze, lasciando intendere che quanto avvenuto nei giorni scorsi non sia solo frutto di una serie di coincidenze. La realizzazione e poi la messa in onda dell’intervista del prelato che negava le camere a gas e la realtà dei milioni di ebrei morti nella Shoah, alla vigilia della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani - secondo il dossier - sarebbe stata in qualche modo «pilotata» da ambienti che volevano mettere in difficoltà Benedetto XVI. Ambienti che sarebbero stati aiutati da qualche oppositore interno, contrario alla riconciliazione con la Fraternità San Pio X.

    Nel rapporto non si minimizzano le assurde parole pronunciate da Williamson, né l’ulteriore gravità della coincidenza temporale con il Giorno della Memoria, che ha particolarmente ferito la sensibilità del mondo ebraico, ma si lascia intravedere la possibilità che vi siano stati interventi mirati a creare il caso. Williamson, si legge nel dossier, viene intervistato il 1° novembre 2008 «presso il seminario bavarese della Fraternità San Pio X». Il vescovo si trova a Ratisbona, dov’è giunto per ordinare prete un pastore protestante svedese. Il vescovo viene raggiunto dal giornalista Ali Fegan, della trasmissione televisiva «Uppgrad Gransking» («Missione Ricerca»). Parlano un’ora. A un certo punto, Fegan richiama alla memoria di Williamson certe dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas, rilasciate molti anni prima in Canada. Il vescovo risponde dicendo le enormità che sappiamo, sapendo che le sue parole, in quel Paese, rappresentano un reato: «Per le cose che dico potreste portarmi in carcere visto che siamo in Germania...».

    L’intervista va in onda il 21 gennaio, lo stesso giorno della firma del decreto di revoca della scomunica. Gli autori del programma assicurano che si è trattato di una coincidenza, mentre il «dossier Williamson» non esclude la possibilità che la notizia della revoca della scomunica sia stata fatta in qualche modo arrivare alla televisione svedese. Nel corso della trasmissione viene intervistata anche la giornalista francese Fiammetta Venner, nota attivista del movimento omosessuale, impegnata in campagne «pro choice». Insieme alla compagna Caroline Fourest – con la quale condivide molte battaglie anticlericali nonché la vicinanza al Grande Oriente di Francia – nel settembre scorso, alla vigilia della visita di Benedetto XVI a Parigi e Lourdes, aveva dato alle stampe un volume intitolato Les Nouveaux Soldats du pape. Légion du Christ, Opus Dei, traditionalistes, durissimo contro Papa Ratzinger e contro i lefebvriani, accusati di connessioni con l’ambiente politico dell’estrema destra francese. Il dossier insiste sulla genesi francese del caso e sul ruolo avuto da Venner e Fourest nell’intera vicenda. Il 20 gennaio, alla vigilia della messa in onda, il settimanale tedesco Der Spiegel anticipa i contenuti dell’intervista. E arriverà pure a scrivere che «il Consiglio Centrale degli ebrei in Germania» fosse «stato informato» in precedenza delle dichiarazioni negazioniste del vescovo.

    Ormai il decreto è già scritto ed è stato personalmente consegnato dal cardinale Giovanni Battista Re nelle mani di monsignor Bernard Fellay, il superiore della Fraternità San Pio X, convocato a Roma per l’occasione. Dunque, quando la notizia dell’intervista di Williamson comincia a diffondersi, non è più possibile correre ai ripari. Il 20 gennaio la diocesi cattolica di Stoccolma e il superiore dei lefebvriani tedeschi pubblicano due distinti comunicati per deplorare le dichiarazioni di Williamson e condannare ogni forma di antisemitismo. La notizia è ormai di dominio pubblico, ma la sua portata e soprattutto le sue conseguenze non vengono avvertite nei sacri palazzi.

    Un intricato «giallo», insomma, oppure una serie di coincidenze? Il dossier fatto circolare in Vaticano non contiene prove, si limita a confrontare ipotesi e dati di fatto. Di certo però non sono in pochi, oltretevere, a pensare che il «caso Williamson» non sia stato un caso.

    Da La Stampa.it.
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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 03/02/2009 15:20
    Qualcosa non torna nei rapporti tra gli ebrei italiani e la Santa Sede
    Il vaticanista del «Giornale», l’ottimo Andrea Tornielli, ha confessato recentemente di non riuscire a capire, pur avendoci riflettuto a lungo, le ragioni del progressivo irrigidimento dell’ebraismo italiano (o almeno di una parte dei suoi rappresentanti) nei rapporti con la Chiesa cattolica: tanto più di fronte a un papa come Benedetto XVI, che «più dei suoi predecessori ha riflettuto e scritto sul legame imprescindibile e non assimilabile a quello di altre religioni che unisce ebrei e cristiani». La nuova versione in latino della preghiera del venerdì santo Et pro Judaeis non sembra costituire un salto di qualità rispetto a quella presente nel c.d. messale di Paolo VI, né il giudizio attuale della Santa Sede sulla politica dello Stato di Israele appare più freddo e distaccato rispetto al passato: anzi, semmai, sembra vero il contrario. Dopo lo scritto di Tornielli, si è avuta la vicenda della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani, fra i quali uno risulta aver fatto affermazioni negazioniste: vicenda che è stata evidentemente gestita in modo tutt’altro che perfetto da parte dei più diretti collaboratori di Benedetto XVI, ma sospettare che essa comporti una qualche tolleranza per opinioni di quel tipo risulta evidentemente una forzatura polemica. Insomma per Tornielli, le ragioni di questo irrigidimento restano un «mistero».

    Devo dire che non proprio self-evident, per non pochi aspetti, sono apparse anche a me, che pure questo irrigidimento avvertivo nell’aria già da qualche mese. Ho cercato di ragionarci sopra, seguendo gli articoli dello stesso Tornielli e di alcuni altri che reputo affidabili (nel bombardamento mediatico a cui siamo quotidianamente sottoposti dobbiamo pur fare delle scelte) e sono giunto a formulare alcune ipotesi meno legate alla contingenza: qualunque fondamento esse abbiano, sono comunque ispirate dal massimo rispetto e dalla consapevolezza, viva anche in un quidam de populo come chi scrive, dell’importanza decisiva, nei nostri anni, di un rapporto positivo e fecondo fra ebraismo e cristianesimo.

    Spunti interessanti sono stati forniti da alcuni commentatori: il priore di Bose, Enzo Bianchi, uno dei pionieri dell’ecumenismo e del dialogo con l’ebraismo, ha ribadito sulla «Stampa» l’origine scritturale delle preghiere del venerdì santo e ha escluso che ad esse sia sotteso un intento o un’aspirazione conversionistica. Sul «Foglio» Giorgio Israel ha ipotizzato un’alleanza in funzione anti-ratzingeriana fra alcuni settori dell’ebraismo italiano e frange del cattolicesimo progressista: non a caso l’articolo del rabbino veneziano Elia Enrico Richetti (quello che ha dato definitiva visibilità alla vertenza) è stato ospitato sul mensile «Popoli», la rivista missionaria dei gesuiti italiani. Il padre David M. Jaeger ci ha ricordato che l’ebraismo non ha una «gerarchia», e «i rabbini non sono né sacerdoti né, molto meno, “vescovi”, ma sono piuttosto periti e docenti della Torah e delle leggi religiose, autorevolissimi certo all'interno di questa sfera, ma quando si esprimono su altre materie, non manifestano che i loro giudizi personali, da rispettare certamente sempre, ma non da ritenere proclami che impegnano l'intera collettività, e meno ancora collettività diverse da quelle rispettivamente da loro servite». Anche Sandro Magister ha ipotizzato che alcuni aspetti della vicenda rinviino a problemi interni all’ebraismo italiano e a una sorta di “arroccamento” che caratterizzerebbe alcuni suoi esponenti, come il rabbino capo di Roma, Di Segni, che «ha inaugurato una dirigenza del rabbinato in Italia meno laica e più identitaria, più osservante di riti e precetti, e di conseguenza più conflittuale col papato sul versante religioso».
    Credo anch’io – lo dico subito – che le scelte recenti dei rabbini italiani rispondano a una logica difensiva. Ma di che e rispetto a chi? Per farmi capire, ricorro nella maniera più rozza e schematica ad alcuni strumenti della sociologia delle religioni. Si può dire che anche quello religioso sia una sorta di “mercato” in cui – in determinati contesti – si incontra una domanda e un’offerta. Qual è l’offerta dell’ebraismo italiano in questo momento? O meglio, come si presenta, da un punto di vista religioso, di fronte a quella parte di opinione pubblica che è sensibile a queste problematiche? Sono consapevole – sia detto una volta per tutte – dell’immensa ricchezza della tradizione religiosa e della cultura che circola nel nostro ebraismo: mi chiedo solo quale percezione esso offra di sé all’italiano medio, che cerchi di orientarsi nell’«offerta religiosa» dei nostri giorni. Credo che si caratterizzi per due punti: la memoria continua e dolente della Shoah e il sostegno “politico” e valoriale allo Stato d’Israele. Si tratta di due problemi fondamentali e tale impegno gli fa onore.

    Ma sono emerse nel mondo d’oggi molte altre sfide a cui l’uomo contemporaneo, soprattutto se religiosamente orientato, cerca di dare una risposta: quelle della bioetica, della sessualità in tutte le sue forme, dell’aborto, della famiglia “naturale” e di quelle alternative, del problema dei confini della vita, al suo inizio come alla sua conclusione. Emergono poi vaste problematiche sociali, da quelle attinenti alla distribuzione delle ricchezze, nella nostra società e a livello internazionale, a quelle connesse ai rapporti fra le civiltà, le culture, le religioni. Infine nell’ultimo ventennio, con la crisi della cultura rivoluzionaria e più in generale dell’approccio ottimistico alla modernità, è riemerso il problema della “tradizione”, che coinvolge non solo molte frange di “battezzati”, ma anche – manifestamente – il mondo ebraico: lo testimonia la parabola biografica di alcuni dei più eminenti intellettuali ebrei italiani, il cui ebraismo era – quarant’anni fa – solo ambientale e familiare e che oggi è molto più consapevole e combattivo.
    Mi pare che su questi problemi all’italiano medio (di cui parlavo prima) non arrivino, da parte del mondo ebraico, delle risposte forti e, quando arrivano, siano tutt’altro che univoche; e che non pochi dei suoi rappresentanti avvertano su tali temi la “concorrenza” del pensiero ratzingeriano. Esso chiede loro – come il Papa ha scritto di recente - di confrontarsi col cattolicesimo non tanto su (mi si passi l’espressione) astratti problemi teologici, ma sulle «conseguenze culturali» delle rispettive fedi religiose e indica, come primo terreno di confronto, la «crisi contemporanea dell’etica». Su tale terreno – sulla base del comune retroterra biblico - il confronto potrebbe essere molto ravvicinato e positivo e non impossibile la formulazione di risposte ispirate agli stessi valori. Lo conferma l’evidente feeling che con le posizioni del Papa dimostrano alcuni di quegli intellettuali ebrei a cui prima accennavo.

    Ho l’impressione che non pochi settori dell’ebraismo italiano guardino con diffidenza a questo confronto e temano che esso conduca a una qualche omologazione, non delle due fedi religiose, ma dei corollari pratici che – in merito alle questioni oggi più avvertite come urgenti – ne potrebbero discendere. Da qui la tentazione, nella difesa dei propri spazi, dell’arroccamento e della ripresa di una logica di differenziazione polemica, le cui risorse sono immancabilmente offerte da determinati elementi del passato (i “silenzi” di Pio XII, l’antico conversionismo cattolico, la preghiera del venerdì santo).

    Di Roberto Pertici, L'Occidentale.
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    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
    "Bisogna dare battaglia, perchè Dio conceda vittoria" (S. Giovanna d'Arco)
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    00 03/02/2009 17:29
    E' allarmante e sconcertante come la voce degli episcopati d'Oltralpe si sia levata contro la decisione del Sommo Pontefice e anche contro lui stesso. Inoltre, come se non bastasse, anche le dichiarazioni del cancelliere tedesco Angela Merkel sono un atto d'accusa al Papa. E' vergognoso! Come si permette la cara Angela, primo ministro di un Paese estero, quale la Germania, di intromettersi e di ingerire in una questione che non la riguarda minimamente e nelle quali lei non deve neanche entrare, in quanto non ha le competenze adatte, quindi non è una questione al suo livello? Questo cancelliere ci stupisce, crede che Ratzinger, in quanto tedesco, sia suo cittadino, sul quale può esprimere giudizi e ingerirsi nei suoi affari: ebbene, che la Merkel pensi alla Germania e non si infili in questioni più grandi di lei e soprattutto la smetta di fare la cara perbenista, solo perchè dal popolo tedesco è venuto lo sterminio degli ebrei, e il suo popolo ha i sensi di colpa! Chissenefrega! Una persona così squallida, per me, può andare a farsi friggere: l'atteggiamento del Papa nei confronti degli ebrei è quello che ha sempre manifestato nelle Sinagoghe dei Paesi nei quali è andato, ad Auschwitz e company. Punto. Se gli ebrei non capiscono, possono scaricare le loro manie e le loro frustazioni su qualcosa di costruttivo e non su stupide polemiche infondate, alimentando il loro melenso vittimismo. Detto questo, passerei alla Chiesa tedesca e al suo ex-capo, Sua Eminenza Rev.ma Karl Lehmann che ha criticato la posizione del Papa: già, lui, il cardinale che rischiò la porpora perchè persona adusa alle carnevalate liturgiche e non, uomo che chiaramente, con un recupero della sana tradizione della Chiesa, vede il demonio! E bravo Lehmann, tu sei un pagliaccio come tutti gli altri, un saltimbanco visto che ti sei persino fatto concedere l'onorificenza dell'Ordine contro il bestial rigore! La Chiesa è veramente ridotta male con porporati del genere, caro Lehmann! Ubbidisci invece di andare a carnevalare in giro per la Germania, magari con il naso rosso e la faccia incipriata di bianco come la tua amica Angela Merkel, a sputare infamie contro la Chiesa!!!!
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    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 03/02/2009 17:30
    Da "Una Vox"
    IL CAPO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA
    DA' IL BUON ESEMPIO NEL CELEBRARE IL CARNEVALE
    DIVENTANDO ADDIRITTURA UNO DEI CAPI





    Siamo ad Aachen (Aquisgrana), il 22 gennaio di quest'anno.
    Nel corso di una manifestazione carnevalesca si nota la corpulenta presenza del capo dei vescovi tedeschi, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Karl Lehmann, Arcivescovo di Mainz (Magonza).
    Egli sale sul palco di carnevale e tiene un sermone rituale dal tenore e dal contenuto carnevalesco.
    È paludato come un povero pecoraio, ma si percepisce bene la grinta del capo popolo.
    I presenti ne apprezzano il tono e il contenuto e gli conferiscono il titolo di Gran Cavaliere dell' "Ordine contro il bestial rigore" (Order Wider den tierischen Ernst).

    Povero cardinale, con le sue sparate supermoderniste ha rischiato perfino il cardinalato, che gli è stato conferito all'ultimo momento perché il Papa non nega un cappello a nessuno.
    Meno male che si è rifatto adesso col cavalierato di carnevale, che mostra fiero e impettito.

    Intendiamoci, lo stesso titolo è stato conferito a tanti altri uomini illustri, politici e studiosi, perfino a qualche italiano, e mancava proprio un uomo di Chiesa, e il cardinale Lehhmann non ha perso l'occasione di fare il primo della classe.

    D'altronde, anche in Germania, tanti uomini di Chiesa sono ormai abituati alle più seriose pantomime, dove, come in occasione del carnevale, ci si diverte a sfoggiare i più diversi colori per sottolineare la diversità ecumenica che è una ricchezza per la "chiesa universale".
    Il cardinale, temprato da tanti esercizi ecumenici, ha pensato bene che andando al carnevale avrebbe riscosso altrettanto successo.
    E così è stato.

    A volte ci chiediamo se si tratta magari di un qualche scherzo da prete, ma poi ci prende sempre più lo sconforto nell'essere costretti a riconoscere che al peggio non c'è mai fine.
    Ci sforziamo di avere fiducia nell'avvenire, di sperare nella buona volontà di tanti bravi sacerdoti, monsignori e vescovi cattolici che si astengono dalle buffonate, ma dopo quarant'anni, assistendo ancora a sceneggiate come queste non possiamo impedirci di pensare che forse abbiamo sbagliato Chiesa.

    Il Signore perdoni i nostri cattivi pensieri, perché sa che non abbiamo la minima intenzione di arrecare offesa alla Santa Madre Chiesa, e ci conceda la forza di tenere ancora il nostro posto perché un giorno si possa giungere a cacciare i novelli mercanti dal Tempio



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    00 06/02/2009 09:55
    NEGAZIONISMO/ La Merkel vuole chiarimenti dal Papa? Li ha già sotto mano…
    José Luis Restan venerdì 6 febbraio 2009


    Persino una persona sensata come Angela Merkel è stata trascinata nell’uragano e ha ceduto alla pressione dell’ambiente. La cancelliera tedesca ha chiesto al Papa chiarimenti sulla posizione del Vaticano sull’Olocausto. Dovremmo forse raccomandarle qualche otorino di Berlino e un ricostituente per la memoria, dato che Benedetto XVI ha ripetuto fino alla noia la condanna senza appello dell’orrore della Shoah, l’ultima volta appena sette giorni dopo lo scoppio del caso Williamson. Lo riproponiamo alla Merkel: «Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che […] la Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti».


    Tuttavia è vero che la pesante operazione di disinformazione in corso richiede uno sforzo esplicativo. Il vescovo Williamson, uno dei quattro ordinati da Mons. Lefebvre nel 1988, aveva fatto nel novembre dello scorso anno una dichiarazione alla televisione svedese in cui minimizzava le dimensioni dell’Olocausto. Una dichiarazione deplorevole da un punto di vista morale e storico, che tuttavia allora non produsse nessuno scandalo. Ma quando lo scorso 24 gennaio è diventato pubblico il gesto di misericordia del Papa che ha tolto la scomunica che pesava sui quattro Vescovi della Fraternità San Pio X, qualcuno ha messo nel circuito televisivo l’infelice intervista di Williamson e la miccia è stata accesa a velocità supersonica. Secondo alcuni, il Papa avrebbe riabilitato un “negazionista”, così che il Vaticano avrebbe messo in dubbio la gravità del genocidio degli ebrei durante il nazismo.



    In primo luogo va detto che non c’è stata alcuna riabilitazione. Il Papa, vedendo il dolore espresso dai Vescovi tradizionalisti e tenendo conto dei passi fatti nel dialogo con loro, ha deciso di togliere la pena canonica della scomunica per far sì che il cammino verso l’unità avanzi. È un gesto di paterna misericordia legato al ministero dell’unità che è sostanziale al ministero di Pietro. Per questo i Vescovi restano sospesi, non sono in piena comunione con la Chiesa e solamente Dio sa quando torneranno ad esserlo.



    Tra le altre cose, essi devono esprimere la loro piena accettazione del Magistero, che include le disposizione del Concilio Vaticano II, come ha sottolineato Benedetto XVI durante l’Udienza Generale. Dall’altra parte, la Fraternità San Pio X, per bocca del suo superiore, Bernard Fellay, ha respinto le affermazioni di Williamson e ha chiarito che cristiani ed ebrei condividono il patrimonio dell’Antico Testamento e che qualsiasi forma di antisemitismo è assolutamente condannabile. Infine, lo stesso Williamson ha inviato una lettera in cui chiede perdono per le sue errate opinioni.



    Non vogliamo qui entrare nel merito dei possibili errori nella gestione della crisi mediatica. È chiaro che il Vaticano non è il Pentagono, dove anche si sbaglia. Ma si potrebbe chiedere al personale della Curia e ad altri importanti prelati europei un po’ di freno verbale per non darsi vicendevolmente mazzate sulla testa e, cosa più importante, di non lasciare il Papa da solo ad affrontare le intemperie. Per far questo abbiamo già la triste serie dei Küng e dei Boff, sempre pronti a distruggere la Chiesa che non si piega alle loro pretese.



    Risulta di una malizia perversa, o di un’ignoranza da cui conviene star alla larga, proporre l’immagine di un Benedetto XVI tollerante con l’antisemitismo o con il cossiddetto “negazionismo”. Quando Papa Ratzinger è uscito per la prima volta da Roma per la Giornata Mondiale della Gioventù, volle esser presente alla Sinagoga di Colonia per rendere omaggio alle vittime della Shoah. Non era obbligato a farlo, data la natura del viaggio, ma voleva inviare un messaggio su uno dei fondamenti del suo pontificato, cioè la relazione intrinseca che per un misterioso disegno di Dio lega ebrei e cristiani fino alla fine dei tempi: «Tenendo conto della radice ebraica del cristianesimo, [...] chi incontra Gesù Cristo incontra l’ebraismo».

    Dopo come Papa volle visitare il campo di Auschwitz, che già aveva visitato in numerose occasioni fin dalla sua gioventù. Lì pronunciò il discorso più impressionante che un cristiano abbia mai fatto sullo sterminio degli ebrei durante il nazismo: «In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa».



    E tutto questo dovrebbe saperlo già la Signora Merkel. Ma benché lo sappia, ha ceduto alla pressione e ha voluto fare quella che gli italiani chiamano “una bella figura”. Vuole chiarimenti? Beh, li ha già in mano
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    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    00 06/02/2009 09:58
    Quando Papa Wojtyla esortò il cardinal Ratzinger a ricucire con Lefebvre in nome del Concilio
    di Gianteo Bordero
    bordero@ragionpolitica.it

    mercoledì 04 febbraio 2009


    La questione lefebvriana si intreccia oggi, come sempre si è intrecciata, con la questione della corretta interpretazione del Vaticano II. Lo dimostrano, da ultimo, i fatti accaduti di recente, nei giorni successivi alla remissione della scomunica a carico dei quattro vescovi ordinati da monsignor Lefebvre nel 1988: chi critica la decisione di Benedetto XVI la fa soprattutto in nome di una «fedeltà al Concilio» che sarebbe stata tradita dal pontefice con la sua scelta. In sostanza, il cammino intrapreso dal Papa per giungere ad una piena ricucitura dello scisma lefebvriano sarebbe, a detta di molti, un passo indietro rispetto al percorso compiuto dalla Chiesa e dai predecessori di Ratzinger sul soglio di Pietro, che non hanno esitato a prendere provvedimenti i più gravi per condannare l'arcivescovo francese fondatore della Fraternità San Pio X.

    Questa è di certo una lettura arbitraria della storia, specchio di un'altrettanto arbitraria lettura del Vaticano II e di ciò che esso ha rappresentato nel cammino della Chiesa. In particolare, ci si dimentica di sottolineare il filo della continuità che lega, su questo punto, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nonostante le apparenze e le facili approssimazioni, Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger sono più vicini di quello che sembra in merito alla questione lefebvriana. Certo: il primo è stato colui che ha scomunicato Lefebvre (anche se, formalmente, il provvedimento a carico del monsignore è scattato in modo «automatico» al momento della consacrazione dei vescovi senza l'autorizzazione papale), mentre il secondo è colui che ha revocato tale scomunica e che si avvia a sanare la ferita dello scisma. Eppure, ci si dimentica di ricordare non soltanto che l'attuale pontefice è stato per più di vent'anni prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede per volontà del suo predecessore (il quale, anche negli ultimi anni di regno, volle mantenere il cardinale tedesco nel suo incarico nonostante i sopraggiunti limiti d'età per la «pensione» episcopale), ma anche che fu per impulso di Giovanni Paolo II che Ratzinger provò in tutti i modi, e fino all'ultimo, a evitare lo scisma.

    A testimonianza di questa sintonia tra il pontefice polacco e l'allora prefetto dell'ex Sant'Uffizio vi è, tra le altre cose, una lettera inviata dal primo al secondo l'8 aprile del 1988, cioè proprio nei mesi precedenti la rottura definitiva tra Roma ed Ecône. In quel momento, gli sforzi del Vaticano per scongiurare il peggio erano molto intensi. La trattativa fu affidata in prima persona al cardinal Ratzinger. Essa porterà, il 5 maggio di quell'anno, alla sottoscrizione di un protocollo d'accordo siglato dallo stesso porporato tedesco e dall'arcivescovo francese: quest'ultimo si impegnava a garantire fedeltà al Papa, accoglieva la dottrina conciliare sulla Chiesa e sul magistero pontificio, riconosceva la validità del Messale riformato da Paolo VI; in cambio, sarebbe stata rimossa la sospensione a divinis del monsignore e la Fraternità San Pio X sarebbe divenuta una Società di vita apostolica, retta da un vescovo nominato dal Papa su indicazione di Lefebvre. L'accordo venne ripudiato il giorno successivo dallo stesso Lefebvre, il quale sostenne di esser stato ingannato. Quel ripudio fu l'inizio della fine.

    Ma la citata lettera di Giovanni Paolo II al cardinal Ratzinger rimane molto significativa, perché essa, oltre a rinnovare l'invito al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede a proseguire negli sforzi per ricucire con il monsignore francese, affinché «si compiano anche in questo caso le parole dette dal Signore nella preghiera sacerdotale per l'unità di tutti i suoi discepoli e seguaci», contiene, in nuce, l'interpretazione del Vaticano II che è stata poi esplicitata da Benedetto XVI nel suo ormai celebre discorso alla Curia romana del dicembre 2005. Dopo aver sottolineato il carattere di rinnovamento nella continuità operato dal Concilio, Giovanni Paolo II scrive: «Si sono fatte vive delle tendenze che sulla via della realizzazione del Concilio creano una certa difficoltà. Una di queste tendenze è caratterizzata dal desiderio di cambiamenti che non sempre sono in sintonia con l'insegnamento e con lo spirito del Vaticano II, anche se cercano di fare riferimento al Concilio. Questi cambiamenti vorrebbero esprimere un progresso, e perciò questa tendenza è designata con il nome di "progressismo". Il progresso, in questo caso, è una aspirazione verso il futuro, che rompe con il passato, non tenendo conto della funzione della Tradizione che è fondamentale alla missione della Chiesa, perché essa possa perdurare nella Verità ad essa trasmessa da Cristo Signore e dagli Apostoli, e custodita con diligenza dal Magistero». D'altro lato, vi è pure la tendenza opposta, il «conservatorismo», che «vede il giusto soltanto in ciò che è "antico" ritenendolo sinonimo della Tradizione».

    Tutte queste tendenze, concludeva Papa Wojtyla, non colgono il punto focale della questione. Perché «non è l'"antico" in quanto tale, né il "nuovo" per se stesso che corrispondono al concetto giusto della Tradizione nella vita della Chiesa. Tale concetto infatti significa la fedele permanenza della Chiesa nella verità ricevuta da Dio, attraverso le mutevoli vicende della storia. La Chiesa, come quel padrone di casa del Vangelo, estrae con sagacia "dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" rimanendo assolutamente obbediente allo Spirito di verità che Cristo ha dato alla Chiesa come Guida divina». Espressioni, queste, identiche nella sostanza a quelle pronunciate da Benedetto XVI alla Curia romana, con la distinzione tra la corretta ermeneutica del Vaticano II (il Concilio come «riforma») e quella non corrispondente a verità (il Concilio come «discontinuità e rottura»).

    Tutto questo per dire che sbagliano coloro che vedono nelle recenti decisioni di Papa Ratzinger una rivoluzione rispetto all'operato dei suoi predecessori, uno sterile ritorno al passato mosso dalla volontà di cancellare i frutti del Vaticano II: in realtà, come emerge dalla lettera qui riportata, egli si muove - seppur con accento e stile diversi - su una linea che tutti i Papi del post-Concilio, a partire dallo stesso Paolo VI, hanno cercato di promuovere nel momento in cui si sono resi conto che la mitizzazione, la semplificazione ideologica, la de-contestualizzazione del Vaticano II non avrebbero portato nulla di buono per la Chiesa e per i cattolici. Se lo scisma lefebvriano, con tutte le difficoltà che ancora ieri sono emerse, sarà sanato, sarà questa linea portata avanti dal papato a vincere, non un passatismo che appare tale soltanto agli occhi di chi, in buona o cattiva fede, aveva interpretato (e tuttora interpreta) il Vaticano II come una grande sbianchettatura di duemila anni di storia.


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    IN HOC SIGNUM VINCES
    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    00 06/02/2009 11:56
    Tutti vogliono chiarimenti: tra Merkel, Lehmann, rabbini vari. Ebbene, questi sordi ignoranti non devono che ricercare nel Magistero del Papa le prove del suo parere e di quello della Chiesa Cattolica sull'Olocausto. Il complotto anti-Ratzinger avvenuto in questi giorni da parte dei progressisti, di alcuni tra gli esponenti più in vista del mondo ebraico mondiale, tra cui i rabbini di Germania, di capi di stato cialtroni e politici alla stessa stegua non potrà cambiare il corso degli avvenimenti, le parole pronunicate dal Papa su questo avvenimento. Iniziando dal discorso del 28 Maggio 2006, quello del Papa Benedetto XVI ad Aushwitz-Birkenau. Verba volant, scripta manent. Id est!
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    00 06/02/2009 11:58
    VISITA AL CAMPO DI AUSCHWITZ-BIRKENAU, 28 MAGGIO 2006
    Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa.

    Ventisette anni fa, il 7 giugno 1979, era qui Papa Giovanni Paolo II; egli disse allora: "Vengo qui oggi come pellegrino. Si sa che molte volte mi sono trovato qui… Quante volte! E molte volte sono sceso nella cella della morte di Massimiliano Kolbe e mi sono fermato davanti al muro della morte e sono passato tra le macerie dei forni crematori di Birkenau. Non potevo non venire qui come Papa". Papa Giovanni Paolo II stava qui come figlio di quel popolo che, accanto al popolo ebraico, dovette soffrire di più in questo luogo e, in genere, nel corso della guerra: "Sono sei milioni di Polacchi, che hanno perso la vita durante la seconda guerra mondiale: la quinta parte della nazione”, ricordò allora il Papa. Qui egli elevò poi il solenne monito al rispetto dei diritti dell'uomo e delle nazioni, che prima di lui avevano elevato davanti al mondo i suoi Predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, e aggiunse: “Pronuncia queste parole […] il figlio della nazione che nella sua storia remota e più recente ha subito dagli altri un molteplice travaglio. E non lo dice per accusare, ma per ricordare. Parla a nome di tutte le nazioni, i cui diritti vengono violati e dimenticati…”.

    Papa Giovanni Paolo II era qui come figlio del popolo polacco. Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire come lui: Non potevo non venire qui. Dovevo venire. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco – figlio di quel popolo sul quale un gruppo di criminali raggiunse il potere mediante promesse bugiarde, in nome di prospettive di grandezza, di ricupero dell'onore della nazione e della sua rilevanza, con previsioni di benessere e anche con la forza del terrore e dell'intimidazione, cosicché il nostro popolo poté essere usato ed abusato come strumento della loro smania di distruzione e di dominio. Sì, non potevo non venire qui. Il 7 giugno 1979 ero qui come Arcivescovo di Monaco-Frisinga tra i tanti Vescovi che accompagnavano il Papa, che lo ascoltavano e pregavano con lui. Nel 1980 sono poi tornato ancora una volta in questo luogo di orrore con una delegazione di Vescovi tedeschi, sconvolto a causa del male e grato per il fatto che sopra queste tenebre era sorta la stella della riconciliazione. È ancora questo lo scopo per cui mi trovo oggi qui: per implorare la grazia della riconciliazione – da Dio innanzitutto che, solo, può aprire e purificare i nostri cuori; dagli uomini poi che qui hanno sofferto, e infine la grazia della riconciliazione per tutti coloro che, in quest'ora della nostra storia, soffrono in modo nuovo sotto il potere dell'odio e sotto la violenza fomentata dall'odio.

    Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell'Israele sofferente: “…Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose… Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svégliati, perché dormi, Signore? Déstati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!” (Sal 44,20.23-27). Questo grido d'angoscia che l'Israele sofferente eleva a Dio in periodi di estrema angustia, è al contempo il grido d'aiuto di tutti coloro che nel corso della storia – ieri, oggi e domani – soffrono per amor di Dio, per amor della verità e del bene; e ce ne sono molti, anche oggi.

    Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio – vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia. Non difenderemmo, in tal caso, l'uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione. No – in definitiva, dobbiamo rimanere con l'umile ma insistente grido verso Dio: Svégliati! Non dimenticare la tua creatura, l'uomo! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio – affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell'egoismo, della paura degli uomini, dell'indifferenza e dell'opportunismo. Emettiamo questo grido davanti a Dio, rivolgiamolo allo stesso nostro cuore, proprio in questa nostra ora presente, nella quale incombono nuove sventure, nella quale sembrano emergere nuovamente dai cuori degli uomini tutte le forze oscure: da una parte, l'abuso del nome di Dio per la giustificazione di una violenza cieca contro persone innocenti; dall'altra, il cinismo che non conosce Dio e che schernisce la fede in Lui. Noi gridiamo verso Dio, affinché spinga gli uomini a ravvedersi, così che riconoscano che la violenza non crea la pace, ma solo suscita altra violenza – una spirale di distruzioni, in cui tutti in fin dei conti possono essere soltanto perdenti. Il Dio, nel quale noi crediamo, è un Dio della ragione – di una ragione, però, che certamente non è una neutrale matematica dell'universo, ma che è una cosa sola con l'amore, col bene. Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio.

    Il luogo in cui ci troviamo è un luogo della memoria, è il luogo della Shoa. Il passato non è mai soltanto passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere. Come Giovanni Paolo II ho percorso il cammino lungo le lapidi che, nelle varie lingue, ricordano le vittime di questo luogo: sono lapidi in bielorusso, ceco, tedesco, francese, greco, ebraico, croato, italiano, yiddish, ungherese, neerlandese, norvegese, polacco, russo, rom, rumeno, slovacco, serbo, ucraino, giudeo-ispanico, inglese. Tutte queste lapidi commemorative parlano di dolore umano, ci lasciano intuire il cinismo di quel potere che trattava gli uomini come materiale non riconoscendoli come persone, nelle quali rifulge l'immagine di Dio. Alcune lapidi invitano ad una commemorazione particolare. C'è quella in lingua ebraica. I potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità; eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra. Allora le parole del Salmo: "Siamo messi a morte, stimati come pecore da macello" si verificarono in modo terribile. In fondo, quei criminali violenti, con l'annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno. Se questo popolo, semplicemente con la sua esistenza, costituisce una testimonianza di quel Dio che ha parlato all'uomo e lo prende in carico, allora quel Dio doveva finalmente essere morto e il dominio appartenere soltanto all’uomo – a loro stessi che si ritenevano i forti che avevano saputo impadronirsi del mondo. Con la distruzione di Israele, con la Shoa, volevano, in fin dei conti, strappare anche la radice, su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da sé, la fede nel dominio dell'uomo, del forte. C'è poi la lapide in lingua polacca: In una prima fase e innanzitutto si voleva eliminare l'élite culturale e cancellare così il popolo come soggetto storico autonomo per abbassarlo, nella misura in cui continuava ad esistere, a un popolo di schiavi. Un'altra lapide, che invita particolarmente a riflettere, è quella scritta nella lingua dei Sinti e dei Rom. Anche qui si voleva far scomparire un intero popolo che vive migrando in mezzo agli altri popoli. Esso veniva annoverato tra gli elementi inutili della storia universale, in una ideologia nella quale doveva contare ormai solo l'utile misurabile; tutto il resto, secondo i loro concetti, veniva classificato come lebensunwertes Leben – una vita indegna di essere vissuta. Poi c'è la lapide in russo che evoca l'immenso numero delle vite sacrificate tra i soldati russi nello scontro con il regime del terrore nazionalsocialista; al contempo, però, ci fa riflettere sul tragico duplice significato della loro missione: hanno liberato i popoli da una dittatura, ma sottomettendo anche gli stessi popoli ad una nuova dittatura, quella di Stalin e dell'ideologia comunista. Anche tutte le altre lapidi nelle molte lingue dell'Europa ci parlano della sofferenza di uomini dell'intero continente; toccherebbero profondamente il nostro cuore, se non facessimo soltanto memoria delle vittime in modo globale, ma se invece vedessimo i volti delle singole persone che sono finite qui nel buio del terrore. Ho sentito come intimo dovere fermarmi in modo particolare anche davanti alla lapide in lingua tedesca. Da lì emerge davanti a noi il volto di Edith Stein, Theresia Benedicta a Cruce: ebrea e tedesca scomparsa, insieme con la sorella, nell'orrore della notte del campo di concentramento tedesco-nazista; come cristiana ed ebrea, ella accettò di morire insieme con il suo popolo e per esso. I tedeschi, che allora vennero portati ad Auschwitz-Birkenau e qui sono morti, erano visti come Abschaum der Nation – come il rifiuto della nazione. Ora però noi li riconosciamo con gratitudine come i testimoni della verità e del bene, che anche nel nostro popolo non era tramontato. Ringraziamo queste persone, perché non si sono sottomesse al potere del male e ora ci stanno davanti come luci in una notte buia. Con profondo rispetto e gratitudine ci inchiniamo davanti a tutti coloro che, come i tre giovani di fronte alla minaccia della fornace babilonese, hanno saputo rispondere: "Solo il nostro Dio può salvarci. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto" (cfr Dan 3,17s.).

    Sì, dietro queste lapidi si cela il destino di innumerevoli esseri umani. Essi scuotono la nostra memoria, scuotono il nostro cuore. Non vogliono provocare in noi l'odio: ci dimostrano anzi quanto sia terribile l'opera dell'odio. Vogliono portare la ragione a riconoscere il male come male e a rifiutarlo; vogliono suscitare in noi il coraggio del bene, della resistenza contro il male. Vogliono portarci a quei sentimenti che si esprimono nelle parole che Sofocle mette sulle labbra di Antigone di fronte all'orrore che la circonda: "Sono qui non per odiare insieme, ma per insieme amare".

    Grazie a Dio, con la purificazione della memoria, alla quale ci spinge questo luogo di orrore, crescono intorno ad esso molteplici iniziative che vogliono porre un limite al male e dar forza al bene. Poco fa ho potuto benedire il Centro per il Dialogo e la Preghiera. Nelle immediate vicinanze si svolge la vita nascosta delle suore carmelitane, che si sanno particolarmente unite al mistero della croce di Cristo e ricordano a noi la fede dei cristiani, che afferma che Dio stesso e sceso nell'inferno della sofferenza e soffre insieme con noi. A Oświęcim esiste il Centro di san Massimiliano e il Centro Internazionale di Formazione su Auschwitz e l'Olocausto. C'è poi la Casa Internazionale per gli Incontri della Gioventù. Presso una delle vecchie Case di Preghiera esiste il Centro Ebraico. Infine si sta costituendo l'Accademia per i Diritti dell'Uomo. Così possiamo sperare che dal luogo dell'orrore spunti e cresca una riflessione costruttiva e che il ricordare aiuti a resistere al male e a far trionfare l’amore.

    L'umanità ha attraversato a Auschwitz-Birkenau una "valle oscura". Perciò vorrei, proprio in questo luogo, concludere con una preghiera di fiducia – con un Salmo d'Israele che, insieme, è una preghiera della cristianità: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza … Abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni" (Sal 23, 1-4. 6).

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    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    Utente Junior
    00 06/02/2009 12:00
    PIAZZA S. PIETRO, UDIENZA GENERALE DEL 31 MAGGIO 2006
    (...) Rimanete saldi nella fede! E’ questa la consegna che ho lasciato ai figli dell’amata Polonia, incoraggiandoli a perseverare nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa, perché non manchi all’Europa e al mondo l’apporto della loro testimonianza evangelica. Tutti i cristiani devono sentirsi impegnati a rendere questa testimonianza, per evitare che l’umanità del terzo millennio possa conoscere ancora orrori simili a quelli tragicamente evocati dal campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

    Proprio in quel luogo tristemente noto in tutto il mondo ho voluto sostare prima di far ritorno a Roma. Nel campo di Auschwitz-Birkenau, come in altri simili campi, Hitler fece sterminare oltre sei milioni di ebrei. Ad Auschwitz-Birkenau morirono anche circa 150.000 polacchi e decine di migliaia di uomini e donne di altre nazionalità. Di fronte all’orrore di Auschwitz non c’è altra risposta che la Croce di Cristo: l’Amore sceso fino in fondo all’abisso del male, per salvare l’uomo alla radice, dove la sua libertà può ribellarsi a Dio. Non dimentichi l’odierna umanità Auschwitz e le altre “fabbriche di morte” nelle quali il regime nazista ha tentato di eliminare Dio per prendere il suo posto! Non ceda alla tentazione dell’odio razziale, che è all’origine delle peggiori forme di antisemitismo! Tornino gli uomini a riconoscere che Dio è Padre di tutti e tutti ci chiama in Cristo a costruire insieme un mondo di giustizia, di verità e di pace! Questo vogliamo chiedere al Signore per intercessione di Maria che quest’oggi, concludendo il mese di maggio, contempliamo solerte e amorevole nel visitare la sua anziana parente Elisabetta.
    OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO BENEDICTO
    EXTRA ECCLESIAM NULLUS OMNINO SALVATUR
    IN HOC SIGNUM VINCES
    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
    "Bisogna dare battaglia, perchè Dio conceda vittoria" (S. Giovanna d'Arco)
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    proRatzinger
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    Registrato il: 26/10/2006
    Utente Junior
    00 06/02/2009 12:03
    AULA PAOLO VI, UDIENZA GENERALE DEL 28 GENNAIO 2009
    (...) Nell’omelia pronunciata in occasione della solenne inaugurazione del mio Pontificato dicevo che è "esplicito" compito del Pastore "la chiamata all’unità", e commentando le parole evangeliche relative alla pesca miracolosa ho detto: "sebbene fossero così tanti i pesci, la rete non si strappò", proseguivo dopo queste parole evangeliche: "Ahimè, amato Signore, essa – la rete - ora si è strappata, vorremmo dire addolorati". E continuavo: "Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa che non delude e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità che tu hai promesso…. Non permettere, Signore, che la tua rete si strappi e aiutaci ad essere servitori dell’unità".

    Proprio in adempimento di questo servizio all’unità, che qualifica in modo specifico il mio ministero di Successore di Pietro, ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica in cui erano incorsi i quattro Vescovi ordinati nel 1988 da Mons. Lefebvre senza mandato pontificio. Ho compiuto questo atto di paterna misericordia, perché ripetutamente questi Presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II.

    La terza comunicazione:

    In questi giorni nei quali ricordiamo la Shoah, mi ritornano alla memoria le immagini raccolte nelle mie ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l’eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso. Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo. La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti. Nessun uomo è un’isola, ha scritto un noto poeta. La Shoah insegni sia alle vecchie sia alle nuove generazioni che solo il faticoso cammino dell’ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai più la violenza umili la dignità dell’uomo!
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    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    proRatzinger
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    Registrato il: 26/10/2006
    Utente Junior
    00 15/02/2009 11:03
    Leggete questo bellissimo articolo verace: http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=39927&idsezione=4
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    IN HOC SIGNUM VINCES
    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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