Yeras, Olin e Meneldir avevano percorso velocemente le poche miglia che li separavano dalla loro prima tappa: una bassa abitazione di pietra costruita sulla sommità di una piccola collina.
Meneldir conosceva gli abitanti della casa e li avvertì che l’indomani sarebbero giunti due suoi compagni, feriti e bisognosi di aiuto.
Dopo poche ore il gruppo si rimise in marcia, accompagnato dal capo famiglia e da suo figlio.
Nel giro di tre giorni i cinque avvertirono quasi tutti gli abitanti della zona del pericolo incombente. Molti altri si unirono alla causa. Con l’aiuto di una ventina di uomini, Meneldir riuscì ad organizzare un’imboscata nella quale fu sterminato l’intero gruppo di orchi.
Nello scontro Yeras sfruttò al meglio la sua abilità con l’arco riuscendo ad uccidere ben quattro avversari; ma fu solo grazie al provvidenziale intervento di Olin se il giovane ramingo non perse la vita. I due compagni, infatti, durante l’imboscata combatterono fianco a fianco e se non fosse stato per un violento e preciso colpo d’ascia del nano, Yeras sarebbe sicuramente morto sotto i fendenti di scimitarra di un grosso Orco. Quando tutto fu finito il giovane ramingo si ritrovò ferito, stanco e con un braccio rotto.
Ma era vivo!
Ben presto tutti fecero ritorno alle loro abitazioni … anche Meneldir.
Yeras aveva ancora negli occhi l’immagine della loro guida, il risoluto e fiero dunedan, mentre sopraffatto dalla commozione, e con il volto rigato dalle lacrime, abbracciava suo figlio e sua moglie.
Anche Yeras, prima o poi, avrebbe riabbracciato i suoi … ma non era ancora il momento!
Erano passati quattro giorni dal momento della separazione con Isilion e Gwaeron … erano passati quattro giorni ed era ora di tornare a prenderli.
Olin e Yeras (accompagnati da Meneldir e dai due dùnedain incontrati nella prima abitazione diversi giorni addietro) ripresero la via del ritorno. Strada facendo incontrarono Halbarad, il capo dei Raminghi del Nord che, settimane prima, aveva affidato loro quell’incarico.
Stavano risalendo lentamente il vialetto che conduceva all’abitazione in cima alla collina, Yeras era malinconico e si era perso in cupi pensieri. Le cruente immagini della battaglia, il forte e indissolubile sentimento di amicizia e gratitudine che ora lo legava ad Olin, la consapevolezza di esser vivo solo per un caso fortuito …
… ma soprattutto la rabbia e la tristezza per non esser riusciti ad avvertire del pericolo tutti gli abitanti della zona: le due fattorie più isolate, infatti, quelle più prossime al cammino degli orchi, erano state distrutte e … e … gli abitanti trucidati! Yeras non riusciva a cancellare quelle terribili immagini dalla sua mente.
Quasi senza accorgersene era giunto nei pressi della staccionata che delimitava l’ingresso alla casa di pietra. Gwaeron, l’imponente e silenzioso Uomo del Nord lo stava guardando. Nel suo volto serio il giovane ramingo leggeva un’espressione di sollievo
“
Allora?” gli chiese
Yeras alzò lo sguardo e rispose
“
Allora siamo vivi” poggiò il braccio sinistro sulla spalla del suo compagno “
E’ questo l’importante, no? Abbiamo portato a termine la nostra missione e siamo ancora vivi”
Questa volta sul volto di Yeras non apparve nessuna traccia del suo solito e disarmante sorriso. Questa volta il tono della sua voce era insolitamente serio e malinconico. Questa volta non era il Giovane Ramingo a parlare … ma un uomo che aveva rischiato seriamente di morire, che aveva scoperto il significato della parola “sofferenza” … e che aveva imparato ad apprezzare, sopra ogni cosa, il significato del termine “Amicizia”.
[Modificato da Valandur 21/05/2005 12.05]