Ma cos'è la destra? Cos'è la sinsitra?

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DarkWalker
00giovedì 5 novembre 2009 18:20
L'ex numero uno di Federmeccanica
domani annuncia l'ultimo strappo
ROMA
Massimo Calearo lascia il Pd. Secondo quanto si apprende l’ex presidente di Federmeccanica candidato al Parlamento da Walter Veltroni annuncerà a breve, probabilmente domani, la propria decisione di uscire dal partito. Calearo, schierato con Dario Franceschini al congresso, aveva più volte nelle scorse settimane mandato segnali chiari, definendo quello di Pier Luigi Bersani un progetto che «guarda al passato».

Massimo Calearo è approdato in Parlamento dopo essersi presentato alle ultime elezioni come capolista per il Partito democratico nella circoscrizione Veneto 1. Nato nel ’55 a Vicenza, tre figli, laureato in Economia e commercio, Calearo è un debuttante nella politica. Fin da giovane, infatti, ha seguito l’azienda fondata dai genitori nel 1957, sviluppandola fino a diventare presidente del "Gruppo Calearo", che produce antenne per auto e antenne mobili ad alta tecnologia per le telecomunicazioni.

Nel "know how" di Calearo, però, le esperienze nel campo della rappresentanza non mancano. Dal maggio 2003 all’aprile 2008 è stato presidente dell’Associazione industriali di Vicenza. Dal 13 luglio 2004 al 2008 è stato anche presidente di Federmeccanica, la federazione delle imprese metalmeccaniche. Inoltre è stato Consigliere d’amministrazione della Banca d’Italia di Vicenza, presidente del Comitato locale di Unicredit e consigliere d’amministrazione dell’Athesis di Verona, società editrice de "Il Giornale di Vicenza", "L’Arena" e "Brescia Oggi".

Alla Camera è componente della X commissione (Attività produttive). Nella sua attività di parlamentare ha presentato, come primo firmatario, una Pdl per l’istituzione della "Giornata della non-violenza e del dialogo". Nel Pd, Calearo ha sempre mantenuto un profilo indipendente: «Essendo figlio di mio padre non ho un papà nel partito. Grazie a Dio faccio quello che voglio. Mi hanno chiamato loro, non ho chiesto io di andarci. Mi sento libero». Alle ultime primarie si era schierato con Franceschini, spiegando: «Bersani è un amico di sempre, ma se il partito dovesse andare a sinistra io non mi ci riconosco più. Io di sinistra non lo sono mai stato».

Fra i primi a schierarsi al fianco all'ex veltroniano, il sindaco di Venezia Cacciari: «Posso capire Calearo, come ho compreso le ragioni di Francesco Rutelli. Se Massimo Calearo dà ragione all’ex leader della Margherita, si vede che anche lui condivide le sue idee sul pericolo che il Partito democratico sta correndo. Detto ciò, mi auguro di essere smentito nei prossimi mesi dalla politica di Bersani. Quanto a me -aggiunge il filosofo di Venezia- non annuncio alcuna decisione clamorosa del tipo "lascio" o "vado". È un tipo di comunicazione che non mi appartiene»


finalmente si comincia a capire un po' cosa sia questa sinistra. Anche se mutua alcune idee del passato, onestamente, non è che lo vedo come una cosa negativa -anche perchè non è che si va a rivangare il conflitto di classe, anche se qualcuno ai tempi delle politiche diceva che candidare calearo ne era la simbolica negazione.
Calearo non mi è mai stato simpatico: è stata fin dall'inizio una candidatura-specchietto per gli imprenditori, di cui ha rappresentato sempre con forza le posizioni e gli interessi (tipo la guarda di finanza che prima di fare una ispezione dovrebbe telefonare, alla sana maniera slovena), prendeva numerosi granchi e per di più è veneto.
DarkWalker
00sabato 7 novembre 2009 20:21
Pd, Bersani proclamato segretario
"Adesso prepariamo l'alternativa"
Cinquencento circoli nei luoghi di lavoro. Il rilancio della questione morale
"Pronti al confronto ma sulla giustizia pesano gli interessi del premier"

Pd, Bersani proclamato segretario "Adesso prepariamo l'alternativa"

Pierluigi Bersani
ROMA - Una sfida che esclude scorciatoie: "Costruire il partito, preparare l'alternativa". Pierluigi Bersani traccia così, davanti alla platea dell'assemblea nazionale che l'ha appena proclamato segretario del Pd, il cammino che vuol far intraprendere ai democratici. Un partito "popolare", "giovane e che chiede di essere giovani nel cuore". Che non deve cedere alla nostalgia, che sarà "plurale" ma non deve scivolare "nell'anarchismo e nella feudalizzazione", che avrà una dirigenza fatta anche da volti nuovi. E che lavorerà sulla questione morale, dandosi "strumenti efficaci per dissociare il partito e il suo buon nome dalle deviazioni dei singoli".

Tra i mille delegati venuti a Roma, in platea ci sono anche Dario Franceschini (che sorride raramente) e Ignazio Marino (che alla fine si dirà soddisfatto). Assenti Romani Prodi e Walter Veltroni. "Nessuna nostalgia, sentiamo tutti la responsabilità del nuovo da costruire - dice il segretario - quel che vale è il progetto. Saremo un partito che si rivolgerà a tutta l'area del centrosinistra, senza trattini o distinzione di ruoli e senza pretese di esclusività e con la legittima ambizione di crescere e di farci più forti. Ci sono cose che rivelano i valori fondamentali che hai e il Paese che vuoi. Fuori da questa ambizione sei solo un partito piccolo che si condanna nei suoi confini".

Bersani usa toni sobri, saluta la platea ("cari democratici e democratiche, amici e compagni") e, fin da subito, indica la strada che vuol percorre: "E' possibile immaginare un grande partito in cui organizzazione ed apertura alla società si tengono, non sono in tensione o in alterità ma possono rafforzarsi reciprocamente". Da questo nascerà un partito che sia in grado di preparare l'alternativa. Un compito "che richiede un lavoro importante per durata e per profondità. E' inutile cercare scorciatoie o immaginare strade senza inciampi".

I numeri. Questi i risultati ufficiali delle primarie: Ignazio Marino 12,51% (131 membri dell'assemblea), a Dario Franceschini il 34,1% (339 membri) e a Pier Luigi Bersani il 53,3% (530 membri).

No al leaderismo. "Ho detto più volte che non credo al partito di un uomo solo ma ad un collettivo di protagonisti". Bersani rilancia così la sua lotta al populismo, al partito basato solo sul leader. "So bene - aggiunge Bersani- che la formazione di un collettivo deve avere forme nuove e contemporanee ma rinunciarvi, per un partito popolare, non sarebbe andare avanti, sarebbe regredire. Dunque, mi rivolgo a voi non come ci si rivolge ad una folla ma come ci di rivolge al largo gruppo dirigente del nostro partito corresponsabile con me di questa nostra straordinaria avventura".

Riforme. Rafforzamento delle funzioni di governo e Parlamento, moderna legislazione sui partiti, nuova legge elettorale (con un confronto in Parlamento ma disposti anche a una legge di iniziativa popolare), nuove norme sui costi della politica. Sono questi i quattro temi indicati da Bersani come prioritari nelle riforme istituzionali per il Pd. Riforme che saranno legate "al confronto in Parlamento e non al dialogo che è una parola malata".

Giustizia. Bersani non nasconde i punti critici di una giustizia "che e' un servizio inefficiente e negato a gran parte dei cittadini''. Ma ogni riforma, a partire da quella della giustizia, deve fare i conti con "l'insuperabile interferenza di questioni che si riferiscono alla situazione personale del premier e dall'aggressivita' e dalla volonta' di rivincita scagliate contro il sistema giudiziario e la Magistratura''.

Economia. Si parte dalla crisi e da come il governo l'ha affrontata e dal lavoro "che è il problema numero uno del paese e deve essere il primo impegno del nostro partito". Bersani è critico con l'esecutivo. "La crisi non è psicologica, non è una nuvola passeggera, non l'abbiamo alle spalle. Nessuno vuol fare il pessimista o il catastrofista, ma pretendiamo che si riconosca che abbiamo un problema serio". Il Pd, assicura il segretario, è pronto a far la propria parte "ma se continuiamo a sentirci dire che il problema non c'è o che si può aggiustare con palliativi per diventa difficile discutere". Anche stavolta Bersani articola la sua agenda su quattro punti: una nuova politica dei redditi, una maggiore attenzione per i giovani, un rivisitazione della legislazione dell'immigrazione e la necessità di uno sguardo "di prospettiva" sull'impianto del sistema pensionistico. Poi la sottolineatura che Marino gli aveva chiesto più volte: no al nucleare e via libera all'economia verde.

Questione morale. "Per gli obiettivi che abbiamo noi non possiamo fare a meno della dignità e del buon nome della politica e dell'amministrazione pubblica Dobbiamo dunque porci il problema generale di un rafforzamento della tensione civica ed etica, a cominciare da noi stessi". Bersani affronta così la questione morale (pur senza nominarla) che agita il partito. In particolare, "dobbiamo chiederci come mai in questi due anni non sia stato possibile sanzionare nei diversi luoghi del paese comportamenti non coerenti con i principi che abbiamo enunciato". Per rimediare il segretario chiede "strumenti efficaci per dissociare il partito e il suo buon nome dalle deviazioni di singoli".

Alleanze. Per una reale ''alternativa'' al governo delle destre e di Berlusconi, il Pd si rivolge "a tutte le forze di opposizione". Da quelle parlamentari (Idv, Udc e radicali) e quelle che non ci sono ''come Sinistra e Liberta', Verdi, formazioni civiche e di origine socialista e repubblicana''.

Federalismo. "Propongo come prima iniziativa di mobilitazione del Pd un'assemblea di mille amministratori del Pd aperta ad amministratori di ogni schieramento per denunciare il federalismo delle chiacchiere ed affermare quello dei fatti" E' questa la proposta che Bersani accompagna ad un affondo contro il Carroccio: "Non si pensi, a cominciare dalla Lega, di poter raccontare qualsiasi favola con noi che stiamo zitti".

Defezioni. "Le defezioni non fanno mai piacere - ha ammesso Bersani riferendosi all'uscita dal partito di Rutelli e Calearo - soprattuto quando avvengono in forme singolari, ma a qualcuno che teme che così si lascia scoperto un fronte dico no. Noi non abbiamo fronti scoperti, per tutta l'area del centrosinistra abbiamo culture, radicamenti che ci tengono ampiamente al riparo da questo rischio".

Organigrammi. Un cambiamento di rotta dentro il partito. Dove "in questi due anni si è determinata una costituzione materiale che va corretta e migliorata atrtraverso un rafforzamento strutturale". Serve, sostiene Bersani, "un partito popolare e del territorio, che selezioni dal territorio le nuove classi dirigenti e che si radichi nei luoghi di studio e di lavoro". Per questo, a fronte dei 70 circoli nei posti di lavoro e di 10 nei posti di studio, Bersani proporrà ai segretari regionali di fondare nei prossimi mesi 500 nuovi circoli nei luoghi di lavoro".

Enrico Letta è stato eletto a larga maggioranza vicesegretario del partito. Rosy Bindi è stata eletta presidente mentre Marina Sereni e Ivan Scalfarotto vicepresidenti. Resterà fuori dalla vita attiva del partito Romano Prodi anche se da giorni è partito un tam tam in rete perché gli sia riconosciuto il ruolo di presidente onorario.

Le reazioni. Non chiede posti ma vuole che il Pd sia "un grande partito", in cui "tutti si sentano a casa propria", evitando ulteriori uscite come quella di Francesco Rutelli. Sono queste le richieste che l'ex segretario Dario Franceschini fa arrivare a Bersani dal palco dell'assemblea. Ribandendo di voler strutturare "area democratica", cioè l'area nata intorno alla propria mozione congressuale. Prima di lui, Franco Marini, aveva chiesto a Bersani che fosse dato spazio negli organigrammi agli ex popolari che fanno capo a Fioroni. Ignazio Marino, invece, si è detto "soddisfatto" di aver trovato nella relazione del segretario molti temi della mozione con cui il chiururgo si era presentato alle primarie.
-Giona-
00lunedì 9 novembre 2009 09:49
Mah, per me se il partito si dà un'impronta decisamente di sinistra sarà difficile che possa attrarre voti al centro. Tra l'altro mi pare che si vada ripetendo il malcostume di dare posti di comando ai "trombati" delle scorse elezioni primarie (Letta, Bindi e, risalendo a quelle dell'Unione, Scalfarotto).
Armilio1
00lunedì 9 novembre 2009 22:03
Bhà, Scalfarotto ha perso ma alla fine non è stata una sconfitta politica, i mezzi in campo erano troppo diversi.

Anche Letta e Bindi, insomma, hanno perso le primarie ma questo non vuol dire che non possano avere più cariche in nessun modo. Anche perchè il PD è un partito di trombati, l'unica nuova che si potrebbe mettere è la Serrachino.
DarkWalker
00lunedì 9 novembre 2009 22:35
Re:
-Giona-, 09/11/2009 9.49:

Mah, per me se il partito si dà un'impronta decisamente di sinistra sarà difficile che possa attrarre voti al centro. Tra l'altro mi pare che si vada ripetendo il malcostume di dare posti di comando ai "trombati" delle scorse elezioni primarie (Letta, Bindi e, risalendo a quelle dell'Unione, Scalfarotto).




secondo me è il contrario: non è che siccome gli elettori ora come ora sono convinti che la sinstra sia una scemata allora la sinistra dovrebbe travestirsi da destra/berlusconi. Al contrario, dovrebbe rivendicare le proprie caratteristiche per convincere la gente a sostenerla.
Del resto a essere decisivi sono i voti degli indecisi, che non è che siccome non sanno chi preferire fra destra e sinistra allora sono di centro. Anzi sono una massa mobile che si rimpalla fra i due maggiori partiti "premiando" il più convincente, che negli ultimi anni è quasi sempre Berlusconi e non perchè sia più "moderato" ma perchè è capace di attrarre gente a quello che lui rappresenta e promette.
Armilio1
00martedì 10 novembre 2009 01:15
Vero, ma è tutto da vedere se alcune lotte della sinistra piacciano a questa gente (sull'immigrazione per esempio) e se gli piace il modo in cui la sinistra più radicale tratta Berlusconi...io penso che l'attacco incondizionato contro Berlusconi dia fastidio a questa fascia, per esempio. E poi per rendere convincente un programma di sinistra ci vuole molta più credibilità e/o carisma rispetto al programma di questo PDL, imho.

DarkWalker
00martedì 10 novembre 2009 13:19
se non piacciono gliele si fa piacare, teoricamente la campagna elettorale serve a questo...sarà che ragiono da perdente in quanto penso non alle prossime politiche, ma quelle dopo ancora :D
Armilio1
00martedì 10 novembre 2009 14:46
Re:
DarkWalker, 10/11/2009 13.19:

se non piacciono gliele si fa piacare, teoricamente la campagna elettorale serve a questo...sarà che ragiono da perdente in quanto penso non alle prossime politiche, ma quelle dopo ancora :D



Vero, ma per far piacere cose che già non piacciono ci vuole molto più carisma, come dicevo...
Malduin
00mercoledì 11 novembre 2009 18:58
I moderati sono tendenzialmente sul conservatore, anche se non lo dicono. E soprattutto in quanto moderati non apprezzano i "Vade retro satana!"
DarkWalker
00giovedì 12 novembre 2009 13:38
stiamo parlando di indecisi, non di moderati. Gli indecisi mi pare tendano a premiare i partiti più visibili
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