Signorina,(all'epoca lo ero ancora
) mi chiese una volta un pellegrino, dinnanzi al Muro del pianto, ma come li dobbiamo chiamare,ebrei, giudei, israeliti? Ce spieghi un pò...... La domanda, rivolta in dialetto ciociaro, ci fece ridere, anche se il luogo meraviglioso dove ci trovavamo non era dei più adatti, per una risata....ma comunque rimase una domanda interessante, e che mi è stata posta più di una volta.
Eh già...i nomi più usati sono i tre riportati nel titolo, anche se si usa il termine Semita, per indicare, con una sfumatura di disprezzo il popolo di Abramo.
L'espressione semita, comunque, non la si trova nella Bibbia.
Risale al 1781 nell'accezione attribuitale da Schlorer in linguistica. Un palestinese di duemila anni or sono non ignorava che i beduini del deserto erano suoi cugini, poichè discendevano da Ismaele, figlio di Abramo e di Agar, ma sarebbe rimasto molto sopreso di essere annoverato nella "razza semita" accanto ai caldei e agli assiri.
Un figlio di Abramo si considerava ebreo e israelita.
I due termini corrispondevano a dati storici e spirituali diversi.
Nella Bibbia la parola
ebreo veniva messa in rapporto con un personaggio di nome Heber, che sarebbe stato il pronipote di Sem, e si riallaccia alla radice ibri, che significa passare, e si ritrova in Mesopotamia sotto la forma habiru e in Egitto, apiru.
L'ebreo è quindi esattamente, il passante, l'uomo che va errando di qua e di là. La tenda nomade rimaneva, per i credenti, un simbolo tanto bello di spiritualità che la si ricostituiva per la festa dei Tabernacoli.
Dichiarandosi
israelita, egli forse voleva dire ancora di più.
Si sa che il nome di Israele fu dato dall'Angelo del Signore a Giacobba dopo la famosa lotta sullo Yabbok.
La lotta spirituale, quel corpo a corpo con le potenze del destino che ogni uomo deve affrontare nella carne e nell'anima, Israele l'aveva affrontata per sè,e per la sua discendenza. Essere Israelita voleva dire essere membro del popolo che teneva testa a Dio.
Quanto al termine
giudeo, esso si trova solo nel Nuovo Testamento e nel secondo libro dei Maccabei: è un nome che l'amministrazione romana aveva adottato, generalizzandolo, ma con un significato storico e spirituale. La parola risaliva all'epoca del ritorno dall'esilio. La principale tribù deportata in Babilonia era quella di Giuda. Erano stati loro, dunque, i figli di Giuda, a serbare intatto il tesoro della fede e delle tradizioni ancestrali, mentre in Palestina i resti delle dieci Tribù cedevano alle usanze pagane.
Tornati in patria, si erano insediati nella Giudea, che portava il loro nome, e come aveva profetizzato Giacobbe, "lo scettro non si era allontanato da Giuda": l'etimologia aveva valore di segno, gli uomini di Giuda, della Giudea, i giudei, erano gli uomini della fedeltà.