Deir el-Barsha: scoperta tomba risalente al Primo Periodo Intermedio

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-Kiya-
00mercoledì 30 maggio 2012 02:44
La tomba di un Nomarca del Primo Periodo Intermedio è tornata alla luce, il mese scorso, a Deir el-Barsha nei pressi di el-Minya.
Il merito della scoperta va alla Catholic University di Louvain (Leuven - Belgio), la quale è impegnata in scavi nel sito da circa un decennio.
La sepoltura è databile al Primo Periodo Intermedio (2181 - 2055 a.C.) e contiene i resti di una bara inscritta con frammenti estratti dai Testi dei Sarcofagi, oltre che svariati reperti di natura rituale, tra i quali spiccano oggetti in alabastro, rame, terracotta e dei materiali più vari.

Si tratta di una scoperta importante, non solo perchè è un raro caso di ritrovamento di una tomba in buono stato di conservazione, ma soprattutto perchè consentirà di far luce su un periodo scarsamente documentato, specie sui rituali funerari dell’epoca.
Il Dayr al-Barsha Project, attivo dal 2002, è un’iniziativa improntata sulla ricerca internazionale e interdisciplinare, diretta dal Dipartimento di Egittologia dell’Università di Leuven, in Belgio.

Il sito di Deir el-Barsha, situato nel Medio Egitto nei pressi di el-Minya, da cui deriva il nome di questa iniziativa è soltanto una delle aree archeologiche coinvolte nel Progetto ed è suddiviso in undici zone, come mostra la mappa seguente:




 

  • Zona 1: l’apice della collina Nord di Wâdî Nâkhla. L’area comprende poche tombe e cave di piccole dimensioni e reca testimonianza di attività Copta di data indeterminata (croci in pietra);

  • Zona 2: il livello sottostante la zona 1, compresa la piana con le tombe rupestri dei Nomarchi del Medio Regno all’imbocco dello Wâdî Nâkhla e la parte superiore della pendenza sotto queste tombe;

  • Zona 3: la prosecuzione verso nord del livello in cui si trovano le tombe dei Nomarchi appena menzionati. In questa zona ci sono decine di cave di calcare abitate fin dal V secolo dai monaci copti;

  • Zona 4: una concentrazione di tombe risalenti all’Antico Regno e al Primo Periodo Intermedio all’imbocco dello Wâdî Nâkhla, sotto la Zona 2;

  • Zona 5: Wâdî Nâkhla propriamente ditto, dove sono state trovate estese cave litiche di Epoca Faraonica;

  • Zona 6: l’apice della collina Sud di Wâdî Nâkhla. In quest’area vi sono cave a cielo aperto, le relative strade di accesso e gli insediamenti dei cavatori(?);

  • Zona 7: una concentrazione di tombe rupestri sulla pendenza meridionale di Wâdî Nâkhla;

  • Zona 8: la metà settentrionale della zona archeologica nella pianura desertica tra le colline del deserto orientale e il villaggio. Il canale di drenaggio moderno che va dalla foce di Wadi Nakhla al villaggio costituisce il limite meridionale di questa zona. Questa area contiene una serie di grandi mastabe in mattoni di fango del Medio Regno;

  • Zona 9: la metà meridionale della piana desertica (a Sud del canale di drenaggio). Anche quest’area contiene mastabe databili al Medio Regno;

  • Zona 10: l’area archeologica al centro del villaggio. Si tratta di una necropoli che, in epoca antica, costituiva la continuazione dei cimiteri nelle zone 8 e 9;

  • Zona 11: l’area archeologica al limite sud di Deir el-Barsha, chiamata el- Tôd.


 
Nel corso dell’attuale stagione di scavo la Missione Archeologica impegnata nel sito, diretta dal Dott. Willems Harco, ha riportato alla luce un’importante sepoltura risalente agli albori del Medio Regno. Sebbene la tomba sia stata violata per ben due volte sia in epoca antica che moderna, subendo ingenti danni, al suo interno sono stati trovati reperti in gran quantità, collocati nella loro posizione originale. La presenza di questi oggetti cultuali nella loro originale collocazione consentirà di trarre informazioni dettagliate in merito al rituale funerario così come configurato all’epoca.

La tomba suggerisce di appartenere a un Nomarca, ossia un Governatore Provinciale o forse a un membro della famiglia di un Governatore. Nel corso dell’ultimo secolo questo ritrovamento rappresenta un unicum, poiché si tratta dell’unica sepoltura di questo tipo ritrovata in buono stato di conservazione.
La scoperta è avvenuta all’interno della tomba del Nomarca Aha-Nakht I, che fu il primo Governatore del Nomo di Hare, durante il Medio Regno. Si tratta di un sepolcro ben noto, sottoposto a studio già a cavallo del 1891-1892. Gli scavi sono poi ulteriormente progrediti nel 1915, ad opera di Andrew Reisner, il cui lavoro fu coronato dal ritrovamento di una tomba quasi intatta nei pressi della prima.
Le immagini relative alla scoperta di Reisner fecero il giro del mondo, l’Egittologo, tuttavia, non portò a termine lo scavo del pozzo sud-ovest a cui si accede dalla tomba di Aha-Nakht, in quanto – come apprendiamo dal suo diario di scavo – maturò dubbi a riguardo di ruberie a cui fu soggetto il medesimo poco prima del suo arrivo. Il pozzo passò quindi in secondo piano e venne successivamente ignorato e il lavoro di Reisner procedette con lo svuotamento di tutte le tombe presenti nell’area.

Nel corso degli ultimi dieci anni, il compito della Missione Archeologica dell’Università di Leuven è stato quello di documentare le tombe precedentemente svuotate da Reisner, il cui lavoro capillare consentì di ritenere che nell’area non vi fosse null’altro da scoprire.
Con il progredire dei lavori, i membri del Team hanno dovuto prendere atto dell’esattezza delle valutazioni compiute dall’Egittologo. Quasi al termine del pozzo succitato, profondo all’incirca sei metri, sono stati individuati materiali estranei, tra cui mozziconi di sigarette e frammenti di giornali risalenti agli inizi del XX secolo. Oltre a ciò sono, però, riemersi anche frammenti di rilievi appartenenti a decorazioni tombali e resti danneggiati di un corredo funerario. Ciò che non fu chiaro nell’immediato è se i resti di cui sopra fossero pertinenti alla tomba di Aha-Nakhet o avessero altra provenienza.

L’individuazione di una nuova camera funeraria al termine del pozzo ha consentito di chiarire ogni dubbio. La stessa si presentava colma di rocce e detriti la cui presenza si poteva giustificare soltanto ammettendo che i ladri li avessero deliberatamente gettati al suo interno, distruggendo per buona parte gli oggetti funebri in legno ivi deposti. Fortunatamente, però, un discreto numero di oggetti funerari sfuggirono alla vista dei saccheggiatori.

Dai riscontri effettuati è possibile affermare che la tomba a pozzo sia stata depredata almeno due volte, di cui una già nell’antichità. All’epoca i ladri mostrarono interesse esclusivamente per i materiali pregiati, come la foglia d’oro che rivestiva la bara ed altri oggetti e di cui si sono preservati soltanto minuti frammenti. Spogliato il corredo degli elementi più preziosi i ladri fuggirono via lasciando aperto l’accesso aperto, consentendo così all’acqua di penetrarvi ripetutamente per decenni, e di riversarsi nella camera funeraria, trascinando con sé i calcinacci che si staccavano dal pozzo. Una volta asciugatasi, l’acqua ha lasciato dietro di sé una spessa crosta di calce, scambiata per pavimentazione tombale dalla seconda banda di ladri che penetrò nel sepolcro in tempi moderni.
Purtroppo l’acqua e l’umidità non hanno risparmiato le suppellettili più delicate, come la bara e altri elementi del corredo funerario ottenuti dal legno, in buona parte marciti e attaccati dai funghi. Ma quando i membri del Team di Leuven hanno ripulito la camera si è potuta apprezzare la presenza di numerosi oggetti rituali in alabastro, ceramica, rame e terracotta che la crosta di calce ha preservato dai furti e dal deterioramento, mantenendoli nella loro collocazione originale. Essenzialmente si tratta di vasi in alabastro, ceramica e rame, di tavole d’offerta, poggiatesta, piatti e modellini di varia foggia. Sono stati rinvenuti anche oggetti rituali unici, la cui esistenza era finora testimoniata esclusivamente dalle rappresentazioni.

La collocazione degli oggetti consentirà agli Archeologi di ricostruire in dettaglio lo scenario del rituale di inumazione dell’epoca. In linea di massima è già stato possibile stabilire l’iter seguito, in base al quale è stata, dapprima, posta la bara all’interno della camera funeraria, quindi ha avuto luogo la purificazione e successivamente un’offerta rituale. Quest’ultima operazione ci è ben nota dai testi e dalle rappresentazioni, ma è la prima volta che ci è consentito di attestarne l’effettiva esecuzione all’interno di una tomba.

Come anticipato, i resti della bara sono in pessime condizioni e potranno essere studiati soltanto dopo aver provveduto al necessario intervento conservativo. Tuttavia, è stato possibile trarre alcune salienti conclusioni. In primo luogo, le iscrizioni incise sulla bara hanno consentito di appurare che la stessa appartiene a un individuo di sesso maschile il cui nome era Djeuthi-Nakht. Si tratta di un dettaglio importante, poiché le iscrizioni contenute nella tomba di Aha-Nakht ci informano che Djeuti-Nakht fosse il nome di suo padre. L’ulteriore presenza di un luogo di offerte, a quest’ultimo destinate, all’interno della tomba del primo porta a supporre che effettivamente Aha-Nakht fece inumare suo padre ricavando per lui una tomba all’interno della sua dimora per l’eternità.
Djeuthi-Nakht, inoltre, ci è noto per essere stato l’ultimo Nomarca della Provincia di Hare durante il Primo Periodo Intermedio. E’, pertanto possibile concludere che, con un alto margine di probabilità, la tomba a pozzo appena scoperta dalla Missione di Leuven fosse la sua.
In secondo luogo, sulla bara vi sono iscrizioni tratte dai Testi dei Sarcofagi, un corpus di formule che costituisce la più importante raccolta di testi religiosi del Medio Regno, ossia l’anello di congiunzione tra i Testi delle Piramidi dell’Antico Regno e il famoso ‘Libro per la venuta al giorno’ del Nuovo Regno.
Ci era già noto che la tradizione dei Testi dei Sarcofagi avesse avuto origine proprio a Deir el-Barsha e Aha-Nakht era, infatti, finora ritenuto il primo titolare di un sarcofago così decorato. La bara mal conservata di Djeuthi-Nakht aggiunge, pertanto, un capitolo fondamentale per la storia dei Testi dei Sarcofagi, in quanto potrebbe trattarsi del più antico esemplare rappresentativo del Medio Regno.
 


[Fonte e titolari dei diritti delle immagini: Dayr al-Barsha Project ]


Galleria Fotografica:

Foto 1 - Veduta della camera funeraria dall'ingresso. Gli oggetti sul pavimento sono modelli di tavole di offerta, poggiatesta e vasi tutti realizzati in alabastro, vasi e parti di collane fatte di maioliche e oggetti di rame. Le macchie scure sono i resti della bara di legno.
Foto 2 - Gli oggetti di rame, ceramica e terracotta che si trovavano poggiati al basamento della bara.
Foto 3 - Documentazione in situ degli oggetti posti intorno alla parte inferiore bara.
Foto 4 - Vasi da libagione in faience.
Foto 5 - Vasi da offerta in alabastro, poggiatesta e tavole di offerta .
Foto 6 - Oggetti rituali in rame.
Foto 7 - Set di purificazione in rame.


pizia.
00sabato 2 giugno 2012 10:58
Bellissimo!
Ho fatto un giro di ricognizione su Google, el Bersha si trova circa a metà fra Minya e Assyut, sul lato destro del Nilo.
Dopo aver guardato lo schema nella prima immagine del topic qui sopra, il sito è ben riconoscibile, anche per il canale artificiale dai bordi rettilinei allungato verso lo wadi.
Non c'è che dire, il Medio Egitto è ricco di storia del Primo Periodo Intermedio, ancora relativamente poco indagato.
-francis-
00sabato 2 giugno 2012 16:50
Poco indagato e poco visitato. Ci sono musei splendidi, purtroppo abbandonati a se stessi.
Quando li visitammo non avevano nemmeno il blocchetto dei biglietti d'ingresso.
pizia.
00sabato 2 giugno 2012 22:30
Quindi i biglietti bisogna procurarseli da un'altra parte, prima di recarsi lì, oppure proprio non li hanno nemmeno stampati?
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