CESVI

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lella84
00venerdì 26 ottobre 2007 23:01
lella84
00mercoledì 27 agosto 2008 12:45
Cesvi partner di Mongol Rally 2008

300 squadre partite da Londra, Madrid e Milano alla volta di Ulaan Baatar. I team italiani sostengono i progetti Cesvi in Afghanistan.



Forse qualcuno ricorda il cartoon di Hanna Barbera che raccontava le avventure dei partecipanti alla Wacky Race, quella in cui il cattivissimo Dick Dastardly, insieme al fido cane Muttley, cercava con ogni mezzo di raggiungere il traguardo prima degli altri partecipanti. É difficile da credere, ma nella realtà esiste qualcosa di forse ancora più folle e si chiama Mongol Rally!

Sono più di 300 le squadre che sono partite il 19 luglio da Londra, Madrid e Milano alla volta di Ulaan Baatar.
Alla corsa sono ammesse solo vecchie auto che abbiano al massimo 1000 cc di cilindrata (anche detti "catorci"). Ogni team può seguire il percorso che preferisce, non ci sono tappe stabilite. L'importante è riuscire a raggiungere Ulaan Baatar in tre settimane.
L'arrivo non è garantito, così come l'assistenza lungo il percorso… che praticamente non esiste!

Il Mongol Rally nasce nel 2001, anno in cui due impavidi signori inglesi, Mr Tom e Mr Joolz, decisero di testare la resistenza della loro Fiat 126. Il loro progetto, però, non era quello di portarla dal meccanico, ma quello di rivivere le emozioni dei viaggiatori di una volta, quando non esisteva il GPS e i viaggi erano delle vere avventure, dove il bello stava negli imprevisti. Dopo lunghe meditazioni l'idea più sensata cui pensarono fu quella di partire all'avventura per la Mongolia, il posto più sperduto e lontano che venne loro in mente. Così, senza ricambio di vestiti, con un pacchetto di sigarette economiche e un coltello da caccia, intrapresero il viaggio. Sebbene quella prima volta non siano riusciti a raggiungere la Mongolia a causa di problemi con i visti e i passaporti, si divertirono così tanto che giurarono di riprovarci.

Così nel 2004 ci fu il primo vero rally a squadre: ben 6 in partenza da Londra, di cui 4 arrivate a destinazione, dopo aver attraversato deserti e catene montuose e aver affrontato banditi e ogni genere di pericoli. Nel corso degli anni il numero di partecipanti è cresciuto in modo esponenziale.

Cosa c’entra il Cesvi in tutto questo? C’entra perché questa folle corsa ha uno scopo umanitario.
Per partecipare al rally infatti ogni squadra raccoglierà fondi a favore di un’organizzazione umanitaria. I team italiani che prenderanno parte al Mongol Rally 2008 sosterranno l’intervento Cesvi in Afghanistan.




www.cesvi.org/?pagina=pagina_generica.php&id=1439

lella84
00sabato 18 ottobre 2008 23:11
Fame nel mondo: le Ong europee chiedono concretezza



In concomitanza con la Giornata mondiale dell’Alimentazione, si è tenuta a Dublino la conferenza internazionale Fighting Hunger, organizzata da Concern Worldwide, Ong irlandese che da oltre quarant’anni è impegnata nella lotta contro la malnutrizione, e il network europeo Alliance2015 di cui fa parte anche l’italiana Cesvi.

Sul tema sono intervenuti, tra gli altri, Kofi Annan, presidente di AGRA (Alliance for a Green Revolution in Africa) ed ex segretario generale delle Nazioni Unite, e Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute della Columbia University.

Le cifre su cu ci si confronta sono le stesse di cui si parla da mesi: nel mondo 923 milioni di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare, di cui il 95 per cento è concentrato nei Paesi in Via di Sviluppo, in particolare nelle zone rurali.

L’Indice Globale della Fame (GHI-Global Hunger Index) mostra che dal 1990 a oggi non sono stati fatti grandi progressi nel combattere l’insicurezza alimentare. I Paesi a soffrire maggiormente la fame sono ancora quelli africani, in particolare quelli situati nell’Africa sub-sahariana. La fame è legata, oltre che a un’intensificazione dei flussi migratori, anche a problemi di stabilità politica e sociale all’interno dei singoli Paesi. La crisi alimentare, con i conseguenti aumenti dei prezzi e le difficoltà di accesso al cibo, ha già causato rivolte popolari in diversi Paesi.

Proprio Cesvi da anni lavora in molte aree geografiche con progetti di sicurezza alimentare, che mirano a incidere sui diversi fattori che contribuiscono a creare situazioni di insicurezza alimentare: per esempio con la promozione di una produzione agricola appropriata e il sostegno a organizzazioni locali; il miglioramento dell’accesso all’acqua potabile, il rafforzamento dei servizi sanitari e la promozione delle infrastrutture logistiche per permettere il commercio e la distribuzione delle derrate alimentari.

Alliance2015 è per dimensioni tra le grandi “multinazionali” umanitarie. Lo scopo dell’alleanza, nata nel 2000, è combattere la povertà nel mondo in modo concreto e incisivo, concorrendo al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio sia nei Paesi poveri con progetti di sviluppo sia in Europa con campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte al grande pubblico e ai donatori istituzionali.


Tratto da AGI, 16/10/08
lella84
00lunedì 10 novembre 2008 22:50
Nel regno delle tribu' Karamoja
Siamo nella terra delle tribù Karamoja, nell’estremo nord-est ugandese, una regione segnata da povertà, siccità costante, scarse infrastrutture e servizi sociali ridotti al minimo, opportunità di mercato inesistenti, degrado delle risorse ambientali, emarginazione sociale e culturale, dipendenza perenne da aiuti esterni e conseguente radicato senso di insicurezza. La principale fonte di sostentamento è qui costituita dall’allevamento e dall’agricoltura, ma i governi avvicendatisi hanno tutti considerato superato l’ancestrale stile di vita pastorale dei Karamoja.
Per stabilizzare la situazione si sforzarono di istituire confini per le riserve forestali e di caccia, restrizioni di movimento sulle aree di pascolo nella stagione secca, intensificazione dei raccolti. Il risultato è un aumento della concorrenza nello sfruttamento delle risorse già limitate con il conseguente declino del numero medio di mandrie e la disintegrazione del tessuto familiare. I conflitti interni hanno fatto il resto creando sacche di sfollati e rifugiati che vagano per il Paese.

«L’Uganda oggi - raccontano Mauro Modena e Adama Sanné del Cesvi - ha notevoli differenze al suo interno. In pratica si tratta di 2 Paesi molto diversi: il Nord e il Sud Uganda».
Nel Nord, dove Cesvi è presente con diversi progetti, i conflitti degli anni passati hanno portato circa 1 milione e mezzo di persone ad abbandonare le proprie case e le proprie terre, cercando rifugio negli campi rifugiati; parte di queste persone riusciva, durante il giorno, a raggiungere le proprie terre per continuare a coltivarle. Ma la maggior parte sopravviveva grazie agli aiuti del World Food Program oppure cercava di coltivare piccoli terreni intorno ai campi profughi.
«Gli scontri tra esercito e LRA sono cessati da un anno, la situazione sta tornando alla normalità ed ora si tratta di sostenere gli sfollati nel loro ritorno a casa, sulle terre che prima abitavano».

Ecco perché dal 2001 Cesvi interviene a sostegno delle comunità locali, assistendo la popolazione nella fase del rientro a casa, sostenendo il rilancio delle attività produttive, in particolare dell’agricoltura, la riabilitazione di strutture sanitarie periferiche e l’accesso all’acqua e all’igiene per le popolazioni nelle aree di ritorno. Nel Sud-Est del Paese, il sostegno socio-sanitario alle categorie più vulnerabili si unisce all’aiuto umanitario a favore delle vittime dell’alluvione dell’autunno 2007. L’organizzazione ha recentemente portato a termine nell’area del Karamoja il progetto “Sicurezza Alimentare” che ha fornito alla popolazione rurale il materiale necessario alla coltivazione della cassava (manioca), le sementi agroforestali e le strutture per lo stoccaggio del raccolto, oltre alla formazione sulle tecniche base di coltivazione.
In questo contesto, spiegano ancora i responsabili, «il Karamoja è ancora un altro caso, un Paese nel Paese. La composizione di questa regione è etnicamente molto varia: vi si contano, infatti, 8 etnie diverse. La situazione di insicurezza, in questa parte, era indipendente dal conflitto tra esercito ed LRA, e dovuta ai conflitti tra le diverse etnie, legati soprattutto al furto di bestiame. Questo portava la popolazione ad abbandonare i campi e i pascoli più lontani dai centri abitati, per timore di attacchi». L’intervento è stato rivolto in particolare a 60 gruppi di agricoltori delle zone rurali formati sulle tecniche di stoccaggio e conservazione dei prodotti agricoli. È stata inoltre eseguita la ristrutturazione dei granai già esistenti all’interno delle comunità locali e la distribuzione di talee di cassava, all’inizio di ogni stagione delle piogge. Seguendo poi le direttive dell’iniziativa “Food for Work” del WFP, sono state poi distribuiti gli attrezzi per la produzione agricola Secondo Modena e Sanné «è fondamentale intervenire con progetti di sicurezza alimentare perché il tasso di denutrizione nella regione è altissimo. Negli scorsi mesi, in un momento di carestia particolarmente acuto, alcuni bambini sono morti dopo aver mangiato della spazzatura, in mancanza di altro cibo. Vi sono stati molti altri casi di morte per inserimento di erbe velenose e della corteccia velenosa di una varietà di cassava».
Il progetto, pensato per avere una sorta di effetto a cascata, è stato organizzato di modo che, oltre al rilancio della coltura di manioca, attraverso la fornitura di talee durante il primo anno, venga avviata nel secondo anno una sorta di economia di scala: i contadini che hanno ricevuto una talea, ormai diventata una pianta, ne restituiscono un ramo, che diventa una nuova talea e va a ricostituire la fornitura da distribuire ad altri contadini. «L’obiettivo per il terzo anno di attività è arrivare ad un numero di talee tale da poterle distribuire ai contadini e riuscire a vendere le eccedenze sul mercato, in modo da generare un piccolo reddito per questi gruppi di contadini e nel contempo diffondere la coltivazione della cassava» concludono i due operatori di Cesvi.

La manioca è una pianta autoctona, che la popolazione conosce da sempre e che è presente nella dieta quotidiana di tutte le famiglie: la sua coltivazione era diminuita proprio a causa delle condizioni di insicurezza che portavano la popolazione ad avere paura di coltivare le terre lontane dai centri abitati.
Una delle sue caratteristiche più apprezzate è, al contrario di quanto potrebbe esserlo per un occidentale, la sua lenta digestione, che rende la cassava un alimento utilissimo a combattere la sensazione di fame. Si tratta di una pianta molto resistente che, una volta piantata, sopravvive per anni, anche nelle imprevedibili condizioni climatiche di questa regione.
Questo è uno dei primi tentativi per rimettere in moto il circuito commerciale locale: fondamentali sono la creazione di un’industria di conservazione degli alimenti (per favorirne la commercializzazione anche su ampia scala e fuori stagione) e l’appoggio alla creazione di “cooperative” di agricoltori. Se cosi fosse l’Uganda potrebbe diventare il nuovo Paese africano emergente, ma resta necessario un massiccio investimento in progetti di sviluppo che consentano un effettivo superamento delle condizioni di insicurezza, sia in termini alimentari sia in termini di mancanza di conflittualità.


* Tratto da L’Espresso online, 10/11/08
lella84
00lunedì 15 dicembre 2008 22:13
Al lavoro in pigiama e tacchi a spillo per combattere la poverta'
SOCIAL NETWORK - L'idea è venuta a quelli del Cesvi: l'organizzazione umanitaria che si dedica ai progetti di lotta alla povertà ha lanciato «Cesviamo», il social network che trasforma ogni navigatore in un vero e proprio «fund raiser» in grado di portare aiuto, sostegno e sviluppo dove ce n'è più bisogno. Ciascuno può mettersi in gioco: basta inventarsi una scommessa - più è strana ed estrema, più avrà probabilità di successo - e comunicarla ad amici, colleghi e familiari, invitando tutti a contribuire con una donazione per raggiungere il budget prestabilito (da 25 a 10 mila euro) in un tempo massimo di raccolta. Ogni somma versata per «costringere» lo scommettitore a tenere fede al proprio impegno servirà a finanziare uno dei quattro progetti Cesvi: «Fermiamo l'Aids sul nascere», «Case del Sorriso» (per i bambini orfani e abbandonati), «L'acqua è vita», «Angeli contro la malaria».

OBIETTIVO - Per partecipare, bastano davvero piccoli gesti: rasarsi a zero, svegliarsi alle 4 di mattina e fare il verso del gallo, mangiare un piatto di broccoli con la nutella. Giorgia Surina, il primo vip ad aderire all'iniziativa, ha optato ad esempio «per una dieta fatta esclusivamente con alimenti di color arancio, proprio come il colore di Cesviamo». «Tutto è valido - si legge sul sito - purché sia qualcosa che non faresti mai spontaneamente. Più i tuoi amici vorranno vedere come te la cavi, più doneranno per raggiungere l'obiettivo».

LE SCOMMESSE - A quelli di Cinzia, ad esempio, basteranno 500 euro per obbligarla a presentarsi in ufficio con i tacchi a spillo. Stefania spera di raccogliere 50 euro, in cambio ballerà la danza del pinguino davanti al professore di psicologia clinica. Elenora si accontenta di 250 euro per tenere la bocca chiusa da mattina a sera (deve essere un'inguaribile chiacchierona). Roberto andrà a fare la spesa al supermercato in tuta da sub. E Pietro - per soli 50 euro - mangerà venti formiche, una ad una, senza pane. Lui è un tipo parecchio schizzinoso, e i suoi amici si faranno grasse risate davanti alla sua faccia schifata. I bambini del Sudan, tirando su dal pozzo acqua pulita e finalmente potabile, avranno per lui un pensiero diverso: «Apath apee». Significa «grazie».
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