"Corriere lavoro": chi ha paura della riforma?
Su un articolo pubblicato da “Corriere Lavoro” del giorno 12/09/2003 il giornalista Walter Passerini affronta l’argomento della riforma delle professioni mettendo in luce degli aspetti che possono aiutare chi si affaccia al mondo del lavoro, e quindi anche i laureati in giurisprudenza, a capire il difficoltoso cammino delle riforme professionali. Mi sembra pertanto opportuno, in questa discussione, proporlo alla vostra attenzione.
“La riforma infinita. E’ lungo l’elenco di coloro che si sono cimentati nella riforma del sistema delle professioni in Italia. Tra gli altri, Viviani (anni ’70), Marzo, Ferrari, Biondi, Torchio, Carpendo, fino al disegno di legge Prodi del ’98 (sviluppato dalla commissione Mirone e dal disegno di legge Fassino). “Dopo decenni di tentativi e di false partenze –afferma Michele Vietti, sottosegretario al ministero della giustizia e autore di un nuovo disegno di legge governativo- siamo alla svolta: entro l’anno la riforma delle professioni può essere varata”.
Lo stesso Walter Passerini ponendo la questione del perché si faccia tanta fatica a riformare il settore afferma che “vi sono interessi politici ed economici molto forti. Gli ordini professionali consolidati tendono da un lato a mantenere il loro potere di controllo sugli accessi, sulle tariffe e sulla formazione, dall’altro a garantire l’esclusività delle loro prestazioni. Le associazioni professionali tendono ad acquisire un potere di riconoscimento e di controllo e di “invadere”, in alcuni casi, i territori esclusivi e riservati delle vecchie professioni (pensiamo ai temi fiscali, per esempio). Amici e nemici della riforma, quindi, si confrontano e si scontrano, a volte trasversalmente in una partita che ci viene sollecitata dalla stessa Europa”.
Ma quale è la posta in palio? Così risponde il giornalista dell’articolo in esame: “Nessuno, almeno a parole, sembra contestare il “sistema duale”, basato sugli ordini, che conserverebbero le loro prerogative, e sulle associazioni, che chiedono un riconoscimento e che verrebbero inserite in un apposito registro. Tutti concordano sul fatto che i professionisti svolgono una funzione di servizio pubblico e che, per le “asimmetrie informative” in cui si trova il cliente, lo devono esercitare nel rispetto assoluto della deontologia. In palio vi è quindi un sistema di certificazione e di controllo sulle prestazioni, che ne garantisca qualità ed etica. In discussione, inoltre, vi è la possibilità di costituire società tra professionisti, di fare ricorso alla pubblicità, di liberalizzare le tariffe, che già oggi grazie alla forte concorrenza, sono oggetto di spericolate politiche di “dumping”. Altri infine temono la competizione che potrà avvenire a livello europeo, con l’ingresso di studi professionali stranieri nel nostro mercato.
C’è anche chi, ed è un altro obiettivo non sempre dichiarato, rivendica all’intero sistema delle professioni, vecchie e nuove, un ruolo di “lobbing” e di attore nei luoghi della concertazione e del dialogo sociale, che sinora ha visto l’assenza dei professionisti”.
Stando all’articolo qui in questione, a smuovere le acque è stato nei giorni scorsi Pierluigi Mantini, responsabile professioni della Margherita, che ha messo intorno a un tavolo gli esponenti del mondo professionale e ha stilato una petizione per l’avvio dell’ultima fase del dibattito parlamentare. “Da troppo tempo giacciono in Parlamento proposte di legge che non trovano uno sbocco. Ora siamo ad una svolta. Sarebbe l’ora. Siamo infatti in una società in cui la vera materia prima è la conoscenza. I professionisti insieme rappresentano un quarto dell’occupazione e del prodotto interno lordo nazionale”.
“Disponibile ad accelerare –afferma lo stesso sottosegretario Vietti- Ormai ci siamo. Sui temi controversi si può trovare una formulazione soddisfacente. Chiedo il consenso di tutti. Il tema delle professioni è una delle priorità di questo governo”.
Walter Passerini aggiunge, inoltre nel suo articolo, che “fare in fretta significa non restare impantanati nella diatriba della “legislazione concorrente”. C’è infatti il rischio che, nella riforma del titolo quinto della Costituzione, qualche regione possa legiferare in materia di ordini e associazioni professionali, rendendo così la riforma nazionale in corso molto debole e relegata ad una carta di puri principi”.
Come potete notare le parole sopra riportate possono essere “traslate” facilmente anche all’interno della discussione relativa alla riforma delle professioni legali. La svolta è vicina, ma usando le stesse parole del giornalista su indicato, “le posizioni degli attori fondamentali sembrano ancora molto distanti”. Un avvicinamento è possibile attraverso una coraggiosa concertazione di tutte le forze in campo. Faccio quindi appello alla volontà di cambiamento del Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli avvocati, che ha già mostrato attenzione verso le problematiche relative all’accesso alla professione, alla volontà di rappresentanza delle associazioni degli specializzandi presso le SSPL e delle associazioni di praticanti e avvocati, ma faccio appello soprattutto al senso di responsabilità delle Università le quali non possono più coprirsi gli occhi di fronte alle difficoltà che incontrano i laureati in giurisprudenza, non possono continuare ad abbandonarci al nostro destino