2 GIOVANNI BATTISTA

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 18:59
Nascita di Giovanni Battista (Luca 1:15)
Nascita di Giovanni Battista (Luca 1:15)

L’angelo Gabriele fu incaricato di annunziare due buone notizie, l’una al sacerdote Zaccaria, l’altra a Maria di Nazaret; ma le circostanze e la portata di questi due messaggi offrono più di contrasto che di similitudine. Zaccaria e la sua moglie erano entrambi giusti davanti a Dio, camminando in tutti i comandamenti e le ordinanze del Signore, senza rimprovero; e però erano già divenuti vecchi, ed Elisabetta era sterile. Non possiamo noi vedere in essi l’immagine d’Israele pio sotto la legge, e dell’incapacità di quest’ultima per produrre del frutto anche nell’uomo rigenerato? Or essa non produce maggior intimità con Dio di quanto produca del frutto, poiché Zaccaria, quest’uomo d’una pietà esemplare, vedendo l’angelo, fu turbato e colto da spavento. Infine essa non produce la confidenza, che la grazia solo può fare nascere. Il sacerdote sotto la legge è incredulo al messaggio della grazia che Gabriele gli annunzia, e perciò questo rappresentante d’Israele resterà muto, finché la divina promessa avendo il suo compimento in grazia, egli potrà, come più tardi il residuo, celebrare l’autore della sua salvezza.

Maria non è soltanto un’anima pia, ma un’anima umile e semplice, un oggetto di grazia e non un rappresentante della legge. — «Hai trovato grazia presso Dio» le dice l’angelo. Ella è sottomessa: «Ecco, io sono la serva del Signore», e la sua confidenza è nella parola di Dio, perché aggiunge: «Mi sia fatto secondo la tua parola» (Luca 1:30,38).

Notate ora il contrasto fra i due messaggi. Giovanni doveva essere «grande davanti al Signore». Di Gesù l’angelo dice: «Questi sarà grande». Ritorneremo su questo soggetto in un’altra meditazione. Per ora osserveremo che la grandezza di Giovanni Battista dipendeva dalla persona della quale egli era il precursore, mentre Gesù era grande in Sé stesso e per Sé stesso. Da dove io scrivo, vedo al levare del sole che l’ombra d’un castagno qui vicino, prende delle proporzioni gigantesche; però essa non è l’immagine della grandezza dell’albero, ma il testimonio del levare e dello splendore del sole. Tale fu Giovanni: egli fu grande perché ebbe l’onore insigne d’essere il messaggiero di Colui del quale l’angelo diceva: «Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine!» (Luca 1:32,33).

Ma le parole di Gabriele: «Egli sarà grande davanti al Signore» non esprimono tutto ciò che doveva caratterizzare il Battista, poiché vi aggiunge: «Non berrà né vino, né bevande alcoliche». Questo è il nazireato, o per lo meno ne è il primo indizio. Giovanni non poteva essere grande davanto al Signore, se non essendo Nazireo. Nel capitolo 6 dei Numeri vediamo che il nazireato consisteva nel «separarsi per il Signore». C’erano tre segni distintivi: il primo, il nazireo doveva astenersi dal vino e dalle bevande alcoliche; poi lasciarsi crescere i capelli; ed infine non entrare in contatto con nessuna persona morta. Egli si privava del vino, segno della gioia per il cuore dell’uomo naturale nella società dei suoi simili; i suoi lunghi capelli annunziavano che egli abbandonava la dignità ed i diritti dell’uomo per essere sottomesso alla volontà di Dio, riconoscendo i diritti che aveva su di lui; evitava infine tutto ciò che poteva metterlo in contatto con il peccato, il cui salario è la morte. Tale era l’ordine ed il segreto del nazireato: la separazione per Dio non poteva sussistere che per queste tre cose; ed esse furono realizzate nella vita di Giovanni Battista. In questo passo però, egli ci è presentato come separato specialmente da tutto ciò che costituisce la gioia dell’uomo socievole. Il mondo, vedendolo, diceva senza dubbio che era un triste lugubre misantropo; ma si sbagliava di grosso, poiché quella gioia naturale, la sola che il mondo conosca, era surrogata nel cuore del profeta da una gioia che il mondo ignora e che non può apprezzare — quella gioia prodotta dalla comunione del Salvatore. Queste due gioe si combattono e si distruggono a vicenda, e non è che rinunziando man mano alla prima che noi godiamo gradatamente della seconda. La gioia divina fu uno dei tratti caratteristici di quest’uomo austero, durante tutta la sua carriera. Fanciullino miracoloso nel seno di sua madre, il suo primo movimento è un salto d’allegrezza, quando giunge agli orecchi di Elisabetta la voce della madre del suo Signore (Luca 1:44); e quando termina la sua corsa, egli dice ancora; «Questa gioia, che è la mia, è ora completa» (Giov. 3:29).

Non dimentichiamo che ogni cristiano è chiamato ad essere nazireo, e che, sotto quest’aspetto, non si tratta più d’una classe speciale di persone fra il popolo di Dio. Non è anche più questione per noi d’una separazione esteriore o di forme, come per il nazireato giudaico; il nazireato attuale, la separazione per Dio, è interna. Senza che il mondo li capisca, ne vede gli effetti nella vita, nella gioia, nella potenza; ma la separazione stessa è un secreto tra l’anima e Dio. Proclamare che io sono separato, non fa che tirare l’attenzione degli altri sopra di me; dire che io sono sottomesso a Dio e che dipendo da Lui, basta già per dimostrare che non lo sono più, poiché attribuisco qualcosa a me stesso; svelo in tal modo il mio segreto al mondo, ed offro, come Sansone, la mia capigliatura alle sue forbici. Dal momento che Satana ed il mondo conosceranno il segreto della mia forza, non avranno più riposo finché non me l’abbiano rubato.

Ma se ci sono cristiani abbastanza soddisfatti d’essi stessi per divulgare la sorgente del loro nazireato, ne vediamo altri invece, che non cessano di parlare dei loro peccati: due estremi, certamente, ma due forme dello stesso orgoglio. L’uno non vede le macchie del suo abito, e l’altro le mette in mostra; ma entrambi dimenticano le sole cose necessarie, l’umiliazione e la purificazione.

Se abbiamo mancato in qualche punto al voto del nostro nazireato, se ci siamo contaminati con un morto, è però possibile d’essere ristorato; rientriamo in noi stessi, e con l’umiliazione troveremo la purificazione (Num. 6:9-12). Ma ahimè! peccando, una gioia come quella di cui godeva il Battisti, ed una potenza come quella che aveva l’uomo di Sorea, Sansone, sono perdute. Quindi bisogna ricominciare, ma prima che Sansone riacquistasse la forza sufficiente per abbattere le colonne del tempio di Dagon, ci andò molto tempo!

Alle parole: «Non berrà né vino, né bevande alcoliche», Gabriele aggiunge: «e sarà pieno dello Spirito Santo fin dal grembo di sua madre». La potenza speciale dello Spirito Santo è lì come legata al nazireato. Molti cristiani s’immaginano che essere ripieno dello Spirito Santo sia una grazia speciale che non possono avere se non certe persone privilegiate fra il popolo di Dio. Ma la cosa non è così: questa condizione è di fatto lo stato normale del cristiano; egli è qualificato per essere ripieno dello Spirito Santo, cioè affinché lo Spirito comprima ed annulli ogni manifestazione della carne che egli porta in sé. Ogni credente è un tempio dello Spirito Santo, ma non tutti ne sono ripieni; e perché? Forse che allo Spirito Santo manca la potenza per farlo? No certo, perché non sarebbe più il Santo Spirito di Dio. Forse che noi non possiamo far altro che contristarlo? In questo caso non siamo credenti affrancati. Cosa manca, dunque, ai cristiani affrancati per essere ripieni dello Spirito? La realtà del nazireato, come è detto in Efesini 5:18: «Non ubriacatevi! Il vino porta alla dissolutezza. Ma siate ricolmi di Spirito».

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 19:00

Oh! amatissimi figli di Dio, fratelli miei, quale potenza nel godimento, nella testimonianza, nella conformità a Cristo avremmo noi, se quai veri nazirei, fossimo ripieni dello Spirito! Abbiamo mai goduto, fosse anche per un solo momento, d’una tale benedizione? Stefano ne godette pienamente durante la sua breve carriera di testimonio: «Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo», è la prima menzione che viene fatta di lui; Stefano, «pieno di grazia e di potenza», aggiunge la Parola, quando questo nazireo, pieno di Spirito Santo, esercitava la sua attività fra il popolo; Stefano, «pieno di Spirito Santo», dice ancora, quando il sinedrio inveiva contro di lui (Att. 6:5,8; 7:55). E là, davanti a coloro che lo lapidavano, la potenza non contristata dello Spirito avendo fissato gli occhi di Stefano nel cielo, egli vede la gloria di Dio, e Gesù in piedi alla Sua destra. I suoi occhi e il suo cuore che lo Spirito riempie della visione celeste, si fermano su un oggetto, su Gesù nella gloria. Quest’uomo sulla terra vede il Figlio dell’uomo nel cielo, e si rallegra in Colui che, avendo compiuto l’opera Sua, gli ha preparato nella Sua propria persona un posto glorioso. La nostra incapacità di «vedere Gesù», la mancanza di conoscenza personale di questo prezioso Salvatore, si lega, pensiamoci bene, al modo con cui realizziamo la raccomandazione dell’Apostolo: «Siate ricolmi dello Spirito».

Ma Stefano non ha soltanto il godimento di Cristo; rende anche testimonianza, e dice: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio». Le sue labbra esprimono abbondantemente ciò di cui egli è ripieno per lo Spirito.

Egli non dice a se stesso che dovrebbe rendere testimonianza; il fiume riversa all’infuori e cola sulla terra, alimentato dalla sorgente celeste che è divenuta nel cuore di quest’uomo una fontana d’acqua zampillante. E questo beato martire fa ancore più che rendere testimonianza: egli stesso è trasformato contemplando a faccia scoperta la gloria del Signore; e riflette quaggiù senza oscurarli il carattere, le vie e le parole dell’amatissimo Salvatore. Tutto ciò, lo ripeto, non è un dono speciale, ma il libero frutto dello Spirito Santo operante nei nostri cuori. Esortiamoci dunque con queste parole: «Siate ricolmi dello Spirito».

Purtroppo noi manchiamo tutti in molte cose; Gesù solo, il vero Nazireo, non ha mai mancato. Gesù, concepito per lo Spirito Santo, battezzato dello Spirito, pieno dello Spirito (Luca 1:35; 3:22), ha realizzato tutte queste cose con un’assoluta perfezione, senza la più piccola ombra di deficienza. Uomo di dolori quaggiù, Egli conosceva una gioia perfetta; umile fra gli umili, realizzava una forza divina che lo rendeva vittorioso nel combattimento contro Satana, quando lo Spirito lo conduceva nel deserto, e che Lo rendeva potente nel Suo ministero, quando lo Spirito Lo conduceva in Galilea (Luca 4:1-14); Egli, il puro ed il santo, poteva dire: «Satana non può nulla conro di me» (Giov. 14:30). Che sia il modello del nostro nazireato — egli, «il Nazireo tra i suoi fratelli!» (*) Allora noi Lo seguiremo nella potenza dello Spirito Santo, alla distanza di duemila cubiti, certamente, come Israele seguiva l’arca; ma nondimeno Lo seguiremo, e seguirlo equivale a rassomigliargli!

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(*) Vedere Genesi 49:26: «colui che fu separato dai suoi fratelli» (Nuova Diodati).

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